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Carlotta Gamba: “In Vermiglio sono quella che non segue le regole. Fidanzato regista? Storia nata durante il primo film”

Carlotta Gamba: “In Vermiglio sono quella che non segue le regole. Fidanzato regista? Storia nata durante il primo film”. Carlotta Gamba su Vermiglio, il fidanzato regista, e non solo, l’attrice piemontese, 27 anni, è tra i protagonisti del secondo film di Maura Delpero, in concorso alla Mostra di Venezia. Ne parla in una intervista rilasciata a ‘Io Donna”, della quale vi proponiamo alcuni passaggi.

«Già leggendo la sceneggiatura mi ero resa conto che questo film avrebbe raccontato un mondo. Maura Delpero ha realizzato una sorta di piccolo presepe in cui ogni personaggio ha il suo spazio e prende vita. E anche se Maura non ce l’ha mai detto direttamente, capivi quanto quel luogo fosse importante per lei. Lo vedevi quando parlava in dialetto con la gente. Ho sentito una grande gratitudine per averci consegnato una storia tanto intima. E una responsabilità».

Ambientato nel 1945, nell’ultimo anno della guerra, Vermiglio, ha rivelato la regista, racconta quel momento in cui il mondo sta per ritrovare la pace, ma quel luogo isolato, tra le montagne a un passo dal confine, perde la propria. Lei che ruolo ha?
«Io porto lo scompiglio. Sono la ragazza che, nel paese, non segue le regole. Il mio personaggio fuma, ha i capelli corti, fa le cose di nascosto, ruba. Cerca di immaginare un mondo diverso da quello in cui vive. Al centro del film c’è una grande famiglia e io finisco per trascinare una di quelle figlie ben educate verso il mio mondo, che è un mondo un po’ folle, ma anche molto libero».

Carlotta Gamba: “In Vermiglio sono quella che non segue le regole”

[…] Al primo tentativo di ingresso all’accademia è stata bocciata. I suoi l’hanno incoraggiata, nonostante?
«Credo avessero capito che il teatro era importante per me. Fin dalle medie ho studiato recitazione. Il cinema c’era, esisteva, ma ancora non ci pensavo, era solo un sogno e quasi non mi permettevo di sognarlo. I miei mi hanno supportato sempre, anche quando sono partita e sono venuta a vivere a Roma. Perché poi all’accademia al secondo tentativo mi hanno preso. Sicuramente c’era scetticismo, forse anche paura. Ma non mi hanno fatto mancare il sostegno».

È un mondo difficile il vostro. Ci sono più attori desideranti che attori realizzati.
«Mettevo in conto che avrei potuto non farcela. E in accademia non tacciono le difficoltà. Ma sono stata fortunata – incrocio le dita – finora. Perché a ogni film devi ricominciare da capo. Devi dimostrare di nuovo che puoi essere un’altra cosa, una persona diversa. Ma credo che una parte del mio carattere cerchi questa instabilità, altrimenti la vita sarebbe una tortura. Anche il “no” dell’accademia mi illuminò: è stato più forte di un sì, mi sono detta: “Adesso devo entrare a ogni costo”. La testa dura serve in questo lavoro».

Carlotta Gamba: “Fidanzato regista? Storia nata durante il primo film”

[…] Si è anche fidanzata con Fabio D’Innocenzo che l’ha diretta in America Latina, con il fratello Damiano, in quel film e nella serie Dostevskij.
«I set sono luoghi abitati dove accadono tante cose e inevitabilmente ci si scopre, dove incontri vulnerabilità simili alla tua. Da ogni film mi sono portata a casa almeno un incontro. E dal primo film è nata questa storia… I set per noi sono la vita, sono altre vite dentro le nostre vite. La serie poi è durata mesi, sembrava che saremmo rimasti lì per sempre. È inevitabile che persone con cui hai condiviso cose tanto forti restino nella tua vita. Quando un set si chiude è un sollievo e una tristezza. Mi mancano i personaggi che ho abbandonato perché mi hanno permesso di vivere ed espiare dolori non miei».

Lei è molto giovane, ma ha già lavorato con professionisti consumati, Fanny Ardant…
«… e Filippo Timi, Elio Germano nel mio primo film, quando proprio non sapevo niente di niente. Ricordo la Ardant, ero molto timorosa accanto a lei, si porta sulle spalle un cinema incredibile. Eppure è una donna semplice, trasmette una grande calma. Ma mi ha confessato: «In realtà sto malissimo, non sono mai sicura di me». Da Timi invece ho imparato a rinascere a ogni ciak. È un uomo grande e grosso con un vocione, ma ha un’innocenza da bambino, sembra che giochi quando lavora. Mi viene la pelle d’oca a ripensarci. Elio Germano mi ha lasciato la sua umiltà. Con tutto quello che la sua storia rappresenta vuole davvero essere uno qualunque. Mi ha detto: “Stai tranquilla, tanto noi facciamo solo una piccola parte della storia”. Mi aiutò moltissimo».

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