Nino D’Angelo: “Oggi tutti napoletani ma in passato ho subito razzismo. Maradona la persona umanamente più bella che ho conosciuto nel mondo”. Per Nino D’Angelo oggi sono tutti napoletani ma in passato non era così, il cantante partenopeo, 67 anni, si racconta a tutto tondo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] In autunno tocca ai palazzetti: Bari, il 30 novembre, Milano, il 5 dicembre, ed Eboli, il 7.
«Doveva essere una tournée teatrale, ma i teatri son diventati piccoli. Il Maradona ha cambiato gli schemi, certo non potrei fare San Siro, oggi sono i giovani a riempire gli stadi e sarei un pazzo a pensarci, ma potrei fare uno stadio americano perché sono molto famoso all’estero».
Come la accoglie il pubblico nel nord Italia?
«Vado fortissimo perché è pieno di persone del sud. Ma vedo che la gente si è aperta, una volta faceva fatica ad ascoltare il dialetto, conosco le difficoltà perché sono stato il primo a cantare in dialetto, ci ho fatto sei Sanremo».
Quest’anno ci sono state polemiche per Geolier.
«All’epoca mia non c’erano i social e si vedeva poco la reazione della gente, ma ho passato la stessa cosa nel 1986, quando l’Italia era ancora più razzista. Ora tutti vogliono essere napoletani, mentre io arrivo da un periodo in cui di Napoli si parlava solo male».
Ha aperto lei la strada?
«I cazzotti in faccia me li sono presi tutti io, ma va bene così, ho lottato per la patria. Oggi per tanti rapper sono un idolo ed è un vanto ma rimango un melodico, è giusto che ci siano le rivoluzioni di ogni tempo. Sono un po’ quello che ha aperto la strada al dialetto e sono stato coraggioso a non mollare mai. Qualcuno a Sanremo si è dimenticato che Geolier non era il primo. E venivo dalle periferie anche io».
Nino D’Angelo: “Oggi tutti napoletani ma in passato ho subito razzismo”
A proposito di periferie: il crollo alle vele di Scampia è una ferita aperta.
«Sono stato uno dei primi a parlare di Scampia negli anni 80, quando la gente non sapeva dove si trovasse. E il mio disco “A nu passo d’a città”, del 97, nei titoli era dedicato “alla gente di Scampia”. Ma certe cose oggi non dovrebbero esistere, non se po’ morì accussì. Sono molto vicino a quelle persone, è un’ingiustizia e non c’è perdono».
Tornando ai suoi inizi: si è sentito molto snobbato?
«Molto. Ho subito molto razzismo musicale e anche umano. Quando sono venuto a Milano negli anni 70 ero il terrone d’Italia, ma non me ne fregava niente, vendevo dischi e andavo avanti. Oggi la parola terrone è diventata simpatica, ma allora non lo era. Ora la gente mi ama e mi vede come un papà buono, mi sono sposato una sola volta e sono fuori moda: sono tutti separati».
Come si arriva a 45 anni di matrimonio?
«Tanti si sposano per fare la festa, io l’ho fatto veramente per amore. In questo non si può essere maestri, ma se uno è innamorato lotta perché duri. Io ho vissuto per i valori perché venivo da una famiglia poverissima ed erano l’unica ricchezza che avevo».
Più della musica?
«Il mio successo non è il mio punto d’arrivo. La famiglia la metto davanti a tutto. Posso non amare più una mia canzone, ma non i miei figli o i miei nipoti».
Nino D’Angelo: “Maradona la persona umanamente più bella che ho conosciuto nel mondo”
Ha iniziato cantando ai matrimoni, che ricordi ha?
«Vendevo gelati alla stazione centrale e poi ho iniziato a fare i matrimoni. Per me era il massimo, mai avrei pensato che un giorno avrei suonato al Madison Square Garden o che a 67 anni mi sarei trovato in uno stadio con 40mila persone. La vita mi sorprende ancora tutti i giorni».
Com’era Maradona?
«Era la persona umanamente più bella che ho conosciuto nel mondo dello spettacolo. Venire dalle periferie ci accomunava. Poi ne è uscita un’immagine legata alla droga, ha fatto degli errori e lo sapeva, ma lo metto tra i buoni, era vittima di se stesso»
Lei ha raccontato di aver passato un periodo molto duro negli anni 90.
«Ho conosciuto la depressione, quella vera. Se dovessi dare un consiglio a chi si trova in quella situazione, direi di andare dai medici, psicologi o psichiatri, senza avere paura delle parole. È una malattia, bisogna prenderla seriamente e curarla. Io poi ne sono uscito grazie a mia moglie, che ha smesso di essere tale e ha saputo farmi da mamma. Mi ha fatto rivedere la vita».
Si è mai concesso lussi?
«Le spese pazze che faccio sono quelle che servono. Se i miei nipoti vogliono andare al mare, li porto dove vogliono, è giusto che vedano quel che non ho visto io. Ma non penso a Porsche o Ferrari, ho il Mercedes perché vado a cantare e prendo pochi aerei».
Seguici anche su Facebook. Clicca qui
Aggiungi Commento