Sean Penn: ”Una notte a New York mi è arrivato fuori casa. Ho passato sul set 15 anni miserabili. A Zelensky ho detto…”. Sean Penn su Una notte a New York, sugi 15 anni miserabili sul set, Zelensky, e non solo, l’attore e regista statunitense, 63 anni, si racconta. Di seguito le sue dichiarazioni riportate da ‘Io Donna’.
Dakota è sua vicina di casa, l’ammira e le vuole bene, spiegherà poi. È stata lei a passargli la sceneggiatura di Una notte a New York, che ha poi risuscitato il suo interesse per la recitazione dopo un lungo periodo di fastidio e frustrazione profondi.
«Ho passato sul set 15 anni miserabili, a contare le ore e i minuti per ritornarmene a casa. L’ultima volta che mi sono divertito è stato con Milk (nel 2008, ndr) ma oltretutto ora, con i tempi che corrono, non potrei più interpretare un omosessuale», aveva confessato di recente in una intervista concessa al New York Times.
«Sì, è vero ho vissuto un lungo periodo di totale disinteresse per le proposte che ricevevo, non legavo con nessun regista, ero fuori da quel mondo», ha ribadito, come riportato da ‘Io Donna’.
Sean Penn: ”Una notte a New York mi è arrivato fuori casa”
Ma la sceneggiatura della Hall, scrittrice al debutto come regista, ha compiuto il miracolo.
«Sono un fan-amico di Dakota, mi fido di lei e… “Forse mi piacerà”, mi sono detto. Ho dato uno sguardo alle bozze – anche perché in questo caso mi sono arrivate davanti alla porta di casa – (abbozza un sorriso tra cerchi di fumo) e, dopo una decina di pagine, mi sono trovato a leggerne altre 60. “Niente male”, ho pensato. Mi è sembrato un regalo. Una vera tentazione… E poi in questa storia non si parla di me. Le vere protagoniste sono le due donne, Dakota e Christy»
Dakota è Girlie, elegante programmatrice di computer dall’aria indipendente, che sta andando a trovare il suo amante, un uomo sposato. Il tassista sembra entrarle nell’anima (il film racconta la storia di una lunga conversazione tra un tassista e la sua cliente nel percorso tra l’aeroporto Jfk di New York e Manhattan ndr).
«Capita spesso di fare conversazioni interessanti quando si prende un taxi. A me è successo di incontrare autisti immigrati negli Stati Uniti che mi hanno raccontato la loro storia. Si sentono liberi di esprimersi senza reticenze con uno sconosciuto che non vedranno più, e allora pure tu lasci andare le difese e sei schietto, riveli qualcosa di te».
L’anno scorso ha diretto Superpower, un documentario che segue gli eventi in Ucraina e la sua occupazione da parte della Russia. Al presidente Zelensky, ex attore, ha consegnato uno dei suoi due Oscar perché gli portassero fortuna:
«Quando vincerai la tua guerra me la riporterai in California: per ora mi sento molto meglio a sapere che c’è una parte di me con voi».
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