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Cronaca

Mamma brucia vivo lo stupratore della figlia 13enne dopo che l’aveva provocata: condannata a 5 anni

Mamma brucia vivo lo stupratore della figlia 13enne dopo che l’aveva provocata: condannata a 5 anni. Una mamma brucia vivo lo stupratore della figlia 13enne dopo che l’aveva provocata alla fermata dell’autobus. La donna si è vendicata violentemente dell’uomo che aveva violentato sua figlia, dandolo alle fiamme e uccidendolo.

Maria del Carmen Garcia, dalla Spagna, è rimasta sconvolta quando ha incontrato lo stupratore liberato di suo figlio, Antonio Cosme. Veronica, la vittima e figlia di Maria, aveva solo 13 anni quando ha subito uno stupro orribile da parte di Cosme, il loro vicino, nel 1998, che lo ha portato a essere incarcerato per nove anni.

Eppure, in un sorprendente colpo di scena, mentre era in libertà vigilata nel giugno 2005, lo stupratore si è avvicinato alla donna, vicino alla fermata dell’autobus ad Alicante, e le ha chiesto “come stava sua figlia”. Quando Cosme è entrato con noncuranza in un bar locale frequentato dalla sua famiglia, Maria è stata spinta dalla rabbia e dalla paura. Così ha comprato della benzina in una stazione di servizio nelle vicinanze.

La vendetta

Con pensieri di vendetta, la mamma ha fatto irruzione nel bar, ha versato la benzina addosso a Cosme e gli ha dato fuoco, procurandogli ustioni sul 90 percento del corpo. Cosme è morto per le ferite qualche giorno dopo in ospedale, secondo Mirror US. Trovata più tardi disorientata al porto, Maria ha ammesso il gesto disperato. Ha dichiarato che il suo intento era più quello di spaventarlo o ferirlo gravemente, come pagamento per una fetta dell’agonia di sua figlia, piuttosto che ucciderlo.

Maria è stata inizialmente condannata a una pesante condanna a nove anni e mezzo per omicidio, ma un appello l’ha ridotta a cinque anni e mezzo. La pena ridotta ha comunque causato indignazione e ha innescato un’ondata di sostegno per la mamma tormentata, con la nazione che si è scagliata contro la sua pena detentiva. La sua situazione ha toccato i cuori di tutto il Paese iberico, scatenando scalpore quando gli attivisti hanno redatto petizioni che hanno raccolto migliaia di firme e messo in luce i suoi gravi problemi di salute mentale.

Nel 2011, dopo aver trascorso un anno e 10 giorni in prigione, la sua condanna è stata sospesa in attesa della grazia; il tribunale ha citato “circostanze speciali”, tra cui la sua assenza di precedenti penali e la sua dichiarazione di infermità mentale durante il processo. Nonostante questa sospensione, Maria è tornata dietro le sbarre nel 2013, in seguito alla decisione dell’Alta corte di Alicante di non rinviare la sua condanna dopo il rifiuto della sua richiesta di grazia parziale. Poi, nel 2017 le è stato concesso un congedo diurno, spianando la strada alla completa libertà l’anno successivo.

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