Gaia Padovan: “Tumore? L’ho scoperto dopo una caduta in bici. Un errore non bisogna mai commettere”. Gaia Padovan sul tumore, la scoperta, la reazione, e non solo, la giornalista padovana di Mediaset, 44 anni, parla a cuore aperto in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Gaia Padovan, ha condiviso con amici, follower, spettatori e tutti coloro che la seguono la notizia della sua malattia. Come mai ha scelto di farlo ora?
«Non è scontato condividere una malattia così pesante. Ci vuole coraggio e, nonostante fossi titubante perché è una questione delicata, ho scelto di condividerla per comunicare l’importanza della prevenzione. Ho pensavo che potevo “sfruttare” il piccolo ruolo sociale che ho per mandare questo messaggio: la prevenzione è fondamentale. Stamattina tre ragazze mi hanno scritto “grazie a te e al tuo post, ho fatto la mia prima visita senologica”. Da lì ho capito di aver fatto la cosa giusta».
Come ha scoperto il tumore?
«L’ho scoperto due mesi fa. Ho perso l’equilibrio in bicicletta, ho preso un colpo sul manubrio e ho sentto casualmente questo nodulo. All’inizio volevo lasciar perdere perché avevo fatto l’ecografia pochi mesi prima, ma un’amica che frequenta regolarmente lo Iov (Istituto Oncologico Veneto) ha insistito che facessi una visita. E meno male, perché il tumore al seno era già localmente avanzato con metastasi ai linfonodi. Ecco perché insisto sulla prevenzione: se non c’è la salute, si azzera ogni cosa. È fondamentale la visita senologica con ecografia e mammografia una volta all’anno».
Gaia Padovan: “Tumore? L’ho scoperto dopo una caduta in bici”
Come ha reagito alla diagnosi?
«Quando ho avuto la diagnosi, sono rimasta attonita, ero incredula e poi, un po’ alla volta, ho metabolizzato e mi sono tirata su. Mi hanno aiutato i medici, la mia famiglia, le persone che hanno vissuto la stessa esperienza, alcuni libri, gli amici e le amiche, i sorrisi, un po’ di ironia, la bellezza. Ci vuole ossitocina, nel senso che la malattia si combatte anche con la forza di volontà, la mente e l’ottimismo. Adesso alterno dei dei momenti di grande sconforto ad altri di grande forza».
Nel suo post, scrive di “non cadere nel tranello di internet”. Cosa intende?
«Nel tranello di internet ci sono caduta anch’io che, di lavoro, mi occupo di informazione. Nonostante io abbia letto solo fonti attendibili, testi di professori e di centri di ricerca, qualunque dato o classificazione dei tumori è solo un numero. Ma le persone non sono statistiche. Ogni tumore è a sé, ogni storia è a sé, i dati da valutare sono tanti, per cui mettersi a leggere un esempio di un terzo stadio vuol dire andare nel panico, perché si parla di percentuale di sopravvivenza. Va bene confrontarsi con altre esperienze, ma la cosa migliore è affidarsi ai propri medici, evitando di fare troppi consulti per non andare in confusione».
Gaia Padovan: “Un errore non bisogna mai commettere”
Quali sono le sue prossime tappe di cura?
«Ho fatto l’intervento chirurgico e ricostruttivo allo Iov e adesso ho iniziato questo percorso di chemioterapia, radioterapia e ormonoterapia, ma spero di tornare quanto prima alla mia solita vita. Bisogna oltrepassare questo ostacolo, come fanno tante altre persone, ed essere ottimisti. Ho scelto l’istituto di ricerca e cura Iov perché ho sempre saputo di avere una grandissima eccellenza sotto casa: ci passavo davanti pensando a tutto il dolore che si provava lì dentro, sperando di non entrarci mai. Poi la vita ti stupisce e magari anche momenti negativi possono diventare momenti di cambiamento. Bisogna saper cogliere quello che accade».
[…] Per un po’ non la vedremo al tg…
«A livello lavorativo, mi sono fermata, perché le prime chemio sono molto pesanti. L’azienda è stata carina e incoraggiante, perchè mi hanno detto di prendermi tutto il tempo di cui avessi bisogno. Per ora sono a casa. Quando inizierò le chemio più leggere valuterò, di volta in volta, cosa fare. Il lavoro del giornalista è imprevedibile, in continuo movimento, quindi in questo momento le poche energie che ho voglio dedicarle ai miei bambini. Massimo entro sei mesi, se starò bene, tornerò al lavoro, ma per ora non riesco a fare programmi, perché è giusto darsi tempo, curarsi e vedere come va giorno per giorno. Devo darmi tempo, che è quello che non ho mai fatto nella vita prima d’ora».
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