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Pilar Fogliati: “Compagno? Ho fatto una scelta saggia. Film tutto mio? Sono all’inizio per un motivo”

Pilar Fogliati: “Compagno? Ho fatto una scelta saggia. Film tutto mio? Sono all’inizio per un motivo”. Pilar Fogliati sul compagno, il primo film scritto diretto e interpretato da lei, e non solo, l’attrice e autrice piemontese, 31 anni, si racconta in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

A fine agosto ne uscirà uno suo: Finché notte non ci separi, diretto da Riccardo Antonaroli, remake dell’israeliano Honeymood, che la vede neo-sposa vagare per una Roma notturna con il giovane marito, interpretato da Filippo Scicchitano.
“La cosa bella è che il regista si è chiesto davvero: “Ma due che si sono appena sposati, che si sono detti “per sempre”, che hanno salutato 200 persone al ricevimento, quando finalmente varcano la soglia della suite nuziale, che cosa fanno?”.

Dovrebbe essere ovvio, ma… Questi due, per esempio, cominciano a discutere e la notte prende una piega inattesa, che è un modo per interrogarsi ancora, in extremis, su quel patto che hanno appena pronunciato. Inizia allora un’avventura un po’ onirica tra i vicoli della città, dove puoi incontrare una ragazza con l’abito da sposa e subito dopo il camioncino della nettezza urbana. Perché Roma è questo, il gabbiano sulla spazzatura e due innamorati che si danno un bacio poco distante”.

Pilar Fogliati: “Compagno? Ho fatto una scelta saggia”

Un’idea su come sono i trentenni italiani che decidono di sposarsi se l’è fatta?
“Sono quelli che hanno risposto alla domanda: “Mi do ancora del tempo o faccio il grande passo?”. È la mia generazione e il film prende questo momento come pretesto per raccontare i nostri dubbi, quella fase di transizione in cui non sei più una ragazza, sei quasi una donna, ma conservi ancora tratti infantili. Pensi alla carriera, vuoi sapere chi sei e devi fare scelte grandi, fare un master, un figlio, un mutuo. Tutte cose che hanno molto a che fare con la condizione di precariato in cui vive la mia generazione. Quando senti che tutto è precario, come fai a dire “per sempre”?”.

[…] Ha scelto un compagno con un lavoro “normale”, non uno del giro.
“Scelta saggia. Il mio è un lavoro precario per definizione, lo devi accettare ed è meglio se lo sai prima, per non farti illusioni”.

[…] Lei viene da una famiglia numerosa, è la terza di quattro e i primi due hanno, come direbbe lei, “lavori normali”. Anche per questo i suoi l’hanno lasciata fare? “Un’artista su quattro in casa ci sta.
“Non posso lamentarmi dei miei genitori. Mio fratello e mia sorella maggiori sono in gambissima, con lavori sicuri. Mia madre mi ha detto una cosa sola: “Se vuoi fare l’attrice lo devi fare seriamente. Quindi o la Silvio D’Amico a Roma o, in Gran Bretagna, la Lamda (London Academy of Music and Dramatic Art). Fai questi due provini, se non passi non ne vale la pena”.

Pilar Fogliati: “Il mio nome in onore di nonna”

Ed è entrata alla Silvio D’Amico. Quindi a casa tutti sereni.
“Mia madre ci ha messo pressione quando avevamo 18 anni: “Devi fare l’università, devi studiare”, ma ha funzionato. Quando esci dal liceo è ancora prestissimo per capire cosa fare della tua vita. Se non c’è qualcuno che ti tiene nei binari sono guai. Mia sorella minore ha 17 anni e io le dico: “Buttati, poi si vedrà. Si può anche cambiare idea nella vita”.

[…] Da dove viene questo suo nome esotico, c’entra Hemingway? (Pilar è una delle protagoniste di Per chi suona la campana, Pilar era la barca più amata dello scrittore americano).
“Non viene dalle letture. Mi hanno chiamata così in onore di mia nonna nata a Buenos Aires. Bellissima, faceva la modella, quando le mannequin erano poche. Venne in Italia e conobbe mio nonno.

In suo onore mi hanno chiamata Maria del Pilar che non è un nome comune, ma si riferisce a una santa, la madonna del Pilastro, molto venerata. Mio padre si chiama Gonzalo, solo noi due abbiamo nomi ispanici in famiglia. Poi sul passaporto hanno scritto solo Maria Pilar perché il “del” forse gli suonava strano. Ogni volta che mi presento a qualcuno che non mi conosce mi capita qualcosa di buffo: “Ciao, sono Pilar”, “Sì, ma dimme er nome, no er cognome””.

Pilar Fogliati: “Film tutto mio? Sono all’inizio per un motivo”

Ha avuto problemi con la burocrazia?
“Ci ho messo un po’ a prendere la patente. Dopo tre tentativi finalmente arriva il foglio rosa. Vado a ritirarlo e leggo: “Maria Pilar Fogliati nata ad Alessandria d’Egitto”. Dico: “Ma scusi, io sono nata ad Alessandria in Piemonte, e poi Pilar non è nemmeno un nome arabo”. E lei: “E che ne so? Ho letto Pilar e ho detto: questa è straniera…”. Che poi siamo pieni di nomi stranieri, Michael e Kevin, Chloé…”.

[…] Guardi che lei è già nella fase discendente, lo status di autore l’ha raggiunto facendo un film scritto diretto e interpretato da lei: è un film suo, indipendente dallo sguardo altrui.
“Sono all’inizio perché ho vissuto molte prime volte, perché in Italia o fai il pop o il film d’autore, o fai il dramma o la commedia sociale, e io ho sperimentato tutto, e il mio sogno era fare una commedia pura. Poi c’è lo scoglio dell’opera seconda. Soprattutto se la prima è stata apprezzata. Ma questo mi ha anche permesso di capire qual è il mio posto.

So qual è lo spirito che mi ha portato a fare quel film: una fortunata incoscienza. Devo ritrovarla e per farlo devo avere per le mani qualcosa che mi fa battere il cuore. Senza calcoli, tipo: (fa un accento vagamente milanese) “Adesso devo fare il secondo, una cosa furba”. Questi sono pensieri che inquinano. Io sento che la commedia mi fa stare bene, ma sto usando l’esperienza maturata lì anche per sperimentare altro.

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