Home » Mario Monicelli, la figlia: “Suicidato per dare spazio a ciò che in Italia non c’è. Era di sinistra perché si sentiva del popolo”
Gossip Spettacolo

Mario Monicelli, la figlia: “Suicidato per dare spazio a ciò che in Italia non c’è. Era di sinistra perché si sentiva del popolo”

Mario Monicelli, la figlia: “Suicidato per dare spazio a ciò che in Italia non c’è. Era di sinistra perché si sentiva del popolo”. Mario Monicelli, la figlia Ottavia, 50 anni, autrice, parla del celebre regista, già raccontato nel 2013 nel libro guai ai baci, in una intervista ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Che padre era Monicelli?
«Mi ha sempre sostenuta. Ha educato me e le mie sorelle alla libertà, ma era severo, non amava si perdesse tempo. Carlo Vanzina, che fu suo assistente, diceva che era sempre a fuoco: non ripeteva più di due volte un ciak».

Da dove veniva la disciplina?
«Da una famiglia poco sentimentale. Sua madre Maria era una donna austera. Mio padre era del 1915, ha vissuto con semplicità monastica».

Anche dopo?
«Negli ultimi anni abitava in una casetta in via dei Serpenti. Andava in autobus, non si concedeva vacanze, non era interessato ai soldi».

[…] Siete tre sorelle, cosa avete di lui?
«Martina il distacco verso ricordi e oggetti. Rosa uno sguardo che osserva da lontano. Io sono la più romantica. Anche papà lo era».

[…] Scrive anche: «Papà andò via e nessuno disse niente. Ed è stato sempre così nella nostra famiglia, nelle nostre vite. Ogni cosa avveniva senza che le si potesse dare un nome»…
«È andato via perché era il momento di separarsi, anche se con mia madre sono rimasti amici tutta la vita. Non comprava neppure i calzini senza chiedere a lei. Sono sempre stati solidi nel loro volersi bene. Non ho sofferto la separazione, mi è mancata la quotidianità. Nella mia famiglia le fratture sono avvenute senza analisi profonde».

Mario Monicelli, la figlia: “Era di sinistra perché si sentiva del popolo”

Perché?
«I sentimenti non erano ben visti: “Che ti piangi?”. Per un figlio questa freddezza non è semplice. Crescendo ci si prende dimestichezza, si assimila. Anche io vivo tra sentimento e disincanto».

[…] Era un uomo politico?
«Molto e questo l’ho ereditato. Era militante. Ha attraversato l’onda della protesta studentesca. Era a Genova nel 2001 con Citto Maselli per girare immagini sul Genoa Social Forum. Si è schierato con chi aveva subito quei soprusi indicibili. Non aveva paura. Credeva nella contestazione».

Chi erano i suoi amici?
«Persone straordinarie: Piero De Bernardi, Leo Benvenuti, Suso Cecchi d’Amico, Furio Scarpelli. Ha lavorato con Nino Rota, Nicola Piovani, Carlo Rustichelli. Con i più grandi attori del cinema. Oggi non c’è nulla in confronto».

Cos’era il suo cinema?
«Con il primo film, a 20 anni, vinse un premio a Venezia. Iniziò a collaborare con Steno. Ha fatto un cinema internazionale, non sempre capito».

[…] Nel libro scrive: «Ho cercato il suo amore». Dov’era?
«Era lì e non lo capivo. Era tutto amore: i piccoli gesti, i nostri aperitivi silenziosi, lui che leggeva il giornale, io un libro, seduti accanto. Ultimamente andavamo in un ristorante tremendo in via Cavour con una luce al neon indescrivibile. Facevano tre piatti: la minestrina, l’uovo al tegamino e qualcos’altro. Mi diceva: “Prendi la minestrina! È buonissima”. E poi vino, che lui reggeva, io meno. Parlavamo di tutto».

Mario Monicelli, la figlia: “Suicidato per dare spazio a ciò che in Italia non c’è”

Lo accompagnava nelle grandi occasioni?
«Diceva che gli facevo fare bella figura. Martina era schiva, Rosa troppo giovane. A volte non ero a mio agio. Lui si innervosiva se sentiva la mia fragilità: “Vabbeh, adesso che c’hai sempre bisogno di me?”. Poi si dispiaceva».

Duro?
«Se cercavo di stargli accanto: “Che devi rompere i coglioni a me? Vatti a bere un bicchiere”. In macchina gli chiedevo: “Perché mi porti se poi mi cacci?”. “Beh, stavo parlando col giornalista…».

[…] Qualche vanità?
«Gli piaceva vestirsi bene, comprava le scarpe Tobacco che portavano i ragazzi. Non si proteggeva però con la sua vanità, parlava alla pari con tutti. Era disponibile verso i giornalisti. Era di sinistra, si sentiva uno del popolo, si guardava intorno con gli occhi di un uomo che osserva le cose per come sono, con generosità e umorismo».

[…] Temeva la vecchiaia?
«Una volta siamo andati a trovare Mauro Bolognini. Mauro era molto ammalato e papà si commosse. Fu uno dei pochi momenti in cui l’ho visto fragile».

Lo sogna?
«Ho sognato più volte la sua morte, un’immagine ricorrente con cui a lungo non ho fatto pace. Adesso lo sogno spesso allegro, insieme a mia madre, ci divertiamo».

Si è spiegata la scelta di suo padre?
«Nel togliersi la vita ha voluto dare spazio a ciò che in Italia non riusciamo ad avere: una morte dignitosa, quando la vita non lo è più. Si sentiva vecchio, temeva di non essere più indipendente, anche per questo ha fatto un atto a prima vista violento. È stato molto coraggioso e lucidissimo».

Che cosa le resta di lui?
«Molto, più di quel che comprendevo quand’era in vita. Non porto fardelli, solo gioia».

Seguici anche su Facebook. Clicca qui

Loading...
Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com