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Rita Pavone: “Amore gay? Io prima a cantarlo ma un aspetto del pride non sopporto. Non farei mai tormentoni”

Rita Pavone: “Amore gay? Io prima a cantarlo ma un aspetto del pride non sopporto. Non farei mai tormentoni”. Rita Pavone sull’amore gay, il pride, i tormentoni, e non solo, la cantante torinese, 79 anni, ripercorre le tappe della sua carriera in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Se guarda indietro?
«Vedo cose bellissime accadute come in una favola. Ero una ragazzina che improvvisamente ha scoperto il mondo. Ma la mia formula è sempre stata quella di guardare dritto e non sentirmi mai arrivata. Così capisci anche le cose che non puoi più fare, ad esempio a quasi 79 anni trovo assurdo cantare “Viva la pappa col pomodoro”, quindi non la faccio più. Ci sono altre cose per cui invece mi metto in gioco e voglio vedere fino a quando alzare l’asticella».

Di cosa va più orgogliosa?
«Di aver girato il mondo e aver lavorato in programmi con nomi grandiosi come Barbra Streisand o i Beach Boys. Gente importante, soprattutto rispetto a una ragazzina figlia di un operaio Fiat e di una casalinga».

[…] Sessant’anni fa usciva «Non è facile avere 18 anni»: cosa rappresenta per lei?
«È l’album della mia crescita. Avevo capito che se avessi continuato con brani come “Sul cucuzzolo” o “Il ballo del mattone” non avrei combinato nulla. Quindi ci fu la prima crepa con la Rca. Mi trovai tutti contro tranne mio marito, che poi all’epoca era il signor Ferruccio, cioè Teddy Reno, il mio manager. Poi l’album rimase in classifica 15 settimane, una soddisfazione».

Rita Pavone: “Amore gay? Io prima a cantarlo ma un aspetto del pride non sopporto”

Aveva ragione lei.
«Dico sempre alle nuove generazioni di non farsi incatenare. Un tormentone funziona, ma è importante sentire canzoni che rimangono, non si può vivere solo di cose che durano un’estate».

Lei non accetterebbe un feat. in un tormentone?
«Io non li farei mai, non mi interessano. Sono divertenti, ma non fanno parte del mio istinto vocale e musicale».

In «Gemma e le altre», suo disco dell’89, c’è anche un brano su un amore fra donne. Come mai?
«Ho sempre preceduto gli eventi. Bisogna parlare della vita per quello che è e ho voluto raccontare storie di donne, fra cui questa che però ha una fine molto drammatica. Non è giusto, ognuno deve poter amare chi ha voglia di amare. Però io detesto tutte le ostentazioni che sviliscono l’amore, quando vedo i sederi all’aria al gay pride non mi piace».

Il Pride fa parte della battaglia per i diritti.
«Può darsi, ma io sono una boomer e la mia educazione sentimentale era molto diversa. Sono arrivata illibata al matrimonio e so che i miei figli ridono, ma i tempi erano altri. Oggi è diverso e va bene, però nessuno critichi me».

Rita Pavone: “Non farei mai tormentoni”

Il suo matrimonio con Teddy Reno, più grande e già sposato, fu osteggiato. Invece dura da 56 anni.
«Lui ha 98 anni, è un po’ confuso, ma le cose vanno bene. Quando ci siamo incontrati era un uomo con una giovane donna, è vero, ma ci siamo sempre capiti in tutto, solo con gli sguardi. Mi dissero “durerà lo spazio di una canzone”, invece è un melodramma, non finisce mai».

Anche suo padre era contrario.
«Fu duro fino alla fine, ma cambiò idea col nostro primo figlio. Un giorno mi disse “mi sa che ho sbagliato alla grande con voi”. Abbiamo avuto il mondo contro come se stessimo rubando, invece il nostro è stato un bell’incontro».

Nel 2006 si ritirò dalle scene, come mai ci ripensò?
«Avevo subito un’operazione con due bypass all’aorta che mi aveva spaventato moltissimo. Rimasi intubata per sette giorni, la voce aveva problemi e non mi riconoscevo più. Se sono tornata è “colpa” di Renato Zero che mi ha invitata a cantare per i suoi 60 anni. Mi ha detto “è come andare in bici” e in effetti la voce era tornata. Lì ho capito che cantare mi piaceva ancora, mi sono autoprodotta un album e sono rientrata in classifica».

Ha qualche rimpianto?
«L’unico è che a 18 anni avrei voluto rimanere negli Stati Uniti per imparare meglio come lavorano lì, ma i miei decisero diversamente».

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