Giorgio Faletti, la moglie: “Quanto affetto dopo 10 anni. Un aspetto mi stupisce. Sto con un altro da 3 anni”. Giorgio Faletti, la moglie Roberta Bellesini, 53 anni, che ormai 10 anni tiene in vita il ricordo del marito con una serie di iniziative, parla a cuore aperto in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
La sensazione è che la gente abbia sempre, e in questo momento ancora di più, voglia di ricordare Giorgio Faletti, è così?
«Vedo proprio quanto le persone, con cose grandi ma anche minori, cerchino di ricordarlo. E quello che più mi fa piacere è che sono atti che vengono dal cuore. Giorgio ha lasciato un bel ricordo di sé come persona, indipendentemente dal suo lavoro».
4 luglio 2014 — 4 luglio 2024. Quante cose sono accadute?
«In questi anni abbiamo fatto tantissime cose. E non è stato facile, soprattutto i primi tempi. Sono stati fondamentali gli amici, con i loro consigli e il loro appoggio. Il mondo di Giorgio non era il mio, non ero abituata a muovermici. La prima cosa che abbiamo portato a termine è stato L’ultimo giorno di sole, lo spettacolo su cui stava lavorando. Ci si è dedicato anima e corpo finché ne ha avute le forze. La regia l’avrebbe fatta lui, oltre ad avere scritto testi e musiche. Anche la protagonista, Chiara Buratti, era stata scelta da lui».
Giorgio Faletti, la moglie: “Quanto affetto dopo 10 anni”
[…] La Nave di Teseo ha deciso di ripubblicare Porco il mondo che ciò sotto i piedi! È la frase giusta per questi tempi?
Ride: «Ho molto apprezzato questa loro decisione, anche perché si tratta del vero esordio letterario di Giorgio. Già due anni fa, a distanza di 20 anni dall’uscita di Io uccido, sempre con Elisabetta Sgarbi avevamo fatto uscire la graphic novel tratta dal romanzo. L’idea di riportare in auge questo libro è molto legata a Giorgio, perché la sua carriera è partita proprio dai suoi personaggi, dal Drive In».
Erano tutti divertentissimi, ma tra loro ce n’era uno che fosse il suo preferito?
«Lui diceva sempre che i personaggi li interpretava, ma che da Vito Catozzo era posseduto. Quando avevamo a cena degli amici, per esempio, inevitabilmente capitava che si presentasse a tavola Vito Catozzo. Scherzava: “Vito si impossessa di me”».
È difficile essere la sua memoria storica?
«Lo è nella misura in cui hai paura di non farlo correttamente. All’inizio cercavo di ricordarmi tutto alla perfezione, le sue frasi, i pensieri, le indicazioni… poi ho compreso che non dovevo avere l’ansia, perché tutto ciò che Giorgio voleva raccontare era già nelle sue parole».
[…] Ci si riesce a rifare una vita con un bagaglio così intenso?
«Si riesce se si incontra qualcuno abbastanza intelligente da comprenderlo questo bagaglio. Da tre anni sto con un’altra persona, non viviamo insieme perché lui viaggia molto per lavoro. Non ne ho mai parlato prima, sono timida. Anche Giorgio lo era, la vita privata la nominava il meno possibile».
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