Lenny Kravitz: “Blue electric light nato in un momento particolare. Carriera? Un segnale di Dio mi ha aiutato”. Lenny Kravitz su Blue electric light, le difficoltà a inizio carriera, e non solo, il cantante e attore statunitense, 60 anni, parla del suo ultimo lavoro discografico, in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] Ho avuto l’impressione che con questo disco lei stia canalizzando qualcosa di più ampio, di evoluto.
«Ho lavorato a questo album in un momento storico particolare: la pandemia, in cui il mondo si è fermato e io non dovevo più essere in un determinato posto a fare una determinata cosa. Mi sono sentito libero. Mi sono trovato con la musica, la natura e il tempo a disposizione. Con cibo fresco e salutare. C’era il sole che splendeva e l’oceano. È stata una benedizione nonostante le circostanze complicate per il mondo».
Era arrivato a Eleuthera, alle Bahamas, solo per qualche giorno, doveva stare lì il weekend.
«Sì, ero a Parigi e la situazione iniziava a scaldarsi, non si capiva bene cosa stesse succedendo. Così me ne sono andato a casa mia alle Bahamas giusto il tempo di dormire lì per qualche giorno, cambiare le valigie e continuare il tour in Nuova Zelanda, Australia e Asia. A un certo punto tutto si è fermato e non sono più potuto andare da nessuna parte».
Lenny Kravitz: “Blue electric light nato in un momento particolare”
E lì ha prodotto il suo disco…
«Nel brano “TK421” ho adorato l’utilizzo del clavinet (un tipo di tastiera, ndr), mi ha ricordato le canzoni di Chuck Brown & the Soul Searchers e tutta la scena musicale “go-go” di quegli anni, con precisi effetti sonori».
In “Human” dice: «Sono qui per essere vivo, sono qui per essere umano». Cosa significa questo per lei oggi, in un mondo così complicato?
«Significa comprendere la situazione in cui ci troviamo tutti: siamo esseri spirituali che stanno vivendo un’esperienza terrena che ha molto peso. È importante essere autentici e utilizzare appieno i doni che ci sono stati dati da Dio, trovarli e metterli a disposizione degli altri. La canzone è anche su questo: a tutti noi è stato donato qualcosa di bello, un talento speciale. Ma siamo in grado di riconoscerlo? Lo sappiamo utilizzare? Forse no, e vogliamo qualcosa che ha qualcun altro. La nostra vita può essere intensa se riconosciamo la nostra parte illuminata ma anche quella oscura, e la gestiamo».
Lenny Kravitz: “Carriera? Un segnale di Dio mi ha aiutato”
Leggendo la sua autobiografia “Let love rule” (edita da Mondadori), ho scoperto, e non ci potevo credere, che non ha accettato di firmare alcuni contratti importanti all’inizio della sua carriera perché voleva restare fedele alla sua voce interiore.
«Sì, e ho fatto questa scelta nonostante vivessi per strada, senza sapere dove andare a dormire. Avevo bisogno di soldi, volevo fare musica e volevo un contratto ma ogni volta che provavano a cambiare la mia natura il mio spirito non permetteva che questo accadesse. Ancora oggi non capisco come io sia riuscito a gestire quella situazione. Poteva essere solo un segnale di Dio. Non sapevo se si sarebbe ripresentata un’altra occasione. Avrei potuto fare quello che mi chiedevano di fare e magari avere successo, una strada che hanno fatto in tanti. Ma il mio spirito non mi permetteva di non esprimermi autenticamente: lo sentivo nel mio corpo. Mi ammalavo, mi bloccavo. Mi dicevo: “No, non posso farlo, questo non sono io”».
Non vediamo l’ora di averla in concerto in Italia: a Lucca il 12 luglio, a Perugia il 13 e a Lido di Camaiore (LU) il 13 agosto.
«Saremo in pieno tour quest’estate. Tornerò in Europa più e più volte. Ci stiamo preparando e riscaldando al meglio: sarà fantastico».
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