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Mahmood: “Amore? Mi è rimasta una paura. Ho provato che cosa significa la fine quando di è bruciata la mia casa”

Mahmood: “Amore? Mi è rimasta una paura. Ho provato che cosa significa la fine quando di è bruciata la mia casa”. Mahmood sull’amore, la terribile esperienza della casa in fiamme, e non solo, il cantautore 31enne ripercorre le tappe della sua carriera in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] L’amore per la musica è arrivato presto, ma è stato un percorso molto, molto lungo.
«Il primo corso di musica a cui mi sono iscritto era di fianco alla piscina che ho frequentato per dodici anni, al Forum di Assago di Milano. Mi fa sorridere pensare che ci tornerò quest’autunno per un grande concerto tutto mio. Ho passato più tempo sui mezzi, autobus e metropolitane, per raggiungere le lezioni di musica che alle lezioni stesse. Ma è stata un’educazione fondamentale».

Mahmood: “Ho provato che cosa significa la fine quando di è bruciata la mia casa”

Le sue origini, chiamiamole così, ovvero sua madre e la Sardegna, sono ricorrenti nella sua vita e nelle sue interviste.
«A mia madre non smetterò mai di dire grazie. Anche quando è diretta come solo lei sa fare, tipo dopo un recente concerto in cui magari non avevo cantato benissimo e lei è arrivata serafica e mi ha detto: “Magari la prossima volta ti impegni di più!”. La Sardegna, invece, è per me il luogo in cui troverò sempre la pace. Ci vado tutte le estati e il rito è sempre lo stesso: gommone, amici, cugini, pranzo cucinato a casa e messo nella borsa frigo, poi gita di caletta in caletta. Il paradiso».

A giudicare da quello che mi racconta chi la conosce bene, lei vive in una sorta di clan di amici, un famiglia elettiva che l’accompagna di giorno e di notte.
«Siamo un po’ bizzarri, è vero. E sì, questa idea di famiglia, di clan mi piace. Tutto è iniziato quando mi sono trasferito nella mia prima casa, quella che poi purtroppo è bruciata. Per riunirsi, per comunicare, il clan utilizza le chat. Ce n’è una che si chiama Anna Tatangelo: è nata perché spesso quando ci troviamo facciamo karaoke e le canzoni di Anna sono le preferite di molti di noi. Cantiamo, giochiamo a Uno, si cazzeggia, si parla. Ogni tanto usciamo e andiamo in Porta Venezia, a Milano, in un negozio che vende manga. A cena succedono sempre cose diverse, ogni tanto questo scorrere di eventi si interrompe, ogni tanto invece andiamo a cena fuori o da un amico. In molti vanno a letto presto, io no».

Mahmood: “Amore? Mi è rimasta una paura”

[…] Quanto è importante per lei il suo clan di amici?
«È essenziale. Come fai a vivere senza amici, senza persone di cui ti puoi fidare? A me piace stare da solo e mi piace anche evadere, viaggiare, conoscere altro. Ma ho bisogno di qualcosa di grande, di vero a cui tornare».

In un’intervista recente ha detto: «Spero che il momento migliore debba ancora arrivare». A oggi, qual è stato il momento migliore e il peggiore?
«Il peggiore quando è bruciato il mio appartamento. Ho provato che cosa significa la fine, vedere qualcosa che ti viene portato via. È stato terrificante e insieme illuminante, perché mi ha fatto capire che mi piace fare tabula rasa, ripartire da zero. Ogni volta. Azzerare tutto e ripartire può essere liberatorio. Il momento più bello è più difficile. Posso dirle che qualche settimana fa sono stato allo stadio a Roma con mia madre: io e lei siamo le persone più lontane dal calcio eppure ci siamo divertiti tantissimo. Ero felice. Anche se abbiamo portato un po’ male alla Roma che ha perso».

[…] Oggi accadono eventi drammatici, come guerre e conflitti, e molti cantanti si schierano politicamente. Lei che cosa pensa di chi si espone?
«Penso che essere un artista significhi anche sentirsi libero di esporsi, di dire quello in cui si crede. E io apprezzo chi ha il coraggio di farlo. Però credo che ognuno debba decidere come farlo».

Mahmood: “Carriera? All’inizio è stata dura”

Le è mai capitato di non sentirsi libero di esprimersi?
«Certo, soprattutto all’inizio della carriera, quando quello che scrivevo non andava bene per il gusto del momento. Sono sceso a compromessi e ho sbagliato. Sono stati anni difficili e scoraggianti. Infatti cominciai a scrivere canzoni per gli altri, perché dovevo capire che cosa non funzionava. Il fatto è che per gli artisti ci vuole tempo e oggi non ne hai, non te ne danno. Ma io ho bisogno di tempo».

Leggo che fa fatica a innamorarsi…
«Allora, non è proprio così. Diciamo che ho vissuto anni interi di chiusura e sfiducia. E forse mi è rimasta la paura che una cosa bella possa finire. Dopo il successo di Soldi divenne difficile gestire la fama e le relazioni. Ma oggi so come gestire il tutto e ho imparato anche ad affrontare le nuove conoscenze».

Ha detto che le piacerebbe essere padre.
«Al momento mi sento più figlio di me stesso. E se potessi, vorrei adottare un cane».

[…] Come scrive le sue canzoni?
«Dappertutto. Prima sui mezzi di trasporto a Milano, ora negli aeroporti. Con le persone che mi seguono, ogni tanto ci ritroviamo, che ne so, all’aeroporto del Lussemburgo a registrare un ritornello o un beat con lo smartphone e poi ad assemblare tutti i pezzi che abbiamo raccolto lungo i viaggi e i tour. Soldi nacque durante una lezione di crossfit: andavo ad allenarmi con mia zia che lavorava in un bar di Bisceglie, a Milano, e mia cugina. A un certo punto, durante un sollevamento pesi, parte una canzone di Madonna e a me viene un’illuminazione. Mollo il manubrio, corro nello spogliatoio, prendo il cellulare e registro un vocale. Mi succede sempre così».

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