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Tullio Solenghi: “Minacce di morte per Khomeini? Ambasciatori italiani rispediti a casa per colpa mia. Così è nato il trio”

Tullio Solenghi: “Minacce di morte per Khomeini? Ambasciatori italiani rispediti a casa per colpa mia. Così è nato il trio”. Tullio Solenghi sulle minacce di morte ricevute per Khomeini, e non solo, l’attore e comico ligure, 76 anni, si racconta a cuore aperto in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] lei sognava di fare l’attore?
«Il mio primo pigmalione fu Don Giorgio, il curato della parrocchia. Lui notò subito le mie capacità quando facevo le imitazioni di Ruggero Orlando, Peppino Di Capri… e nelle gite scolastiche mi piazzava in fondo al pullman col microfono per intrattenere i miei compagni, che però stavano seduti nelle prime file a limonare con le ragazze».

Insomma, il piglio attoriale ce l’aveva…
«Veramente ero digiuno di teatro. Mi presentai al provino alla Scuola dello Stabile di Genova con i primi cinque versi della poesia “A Silvia” recitai con gli accenti di tutti i dialetti italiani e Luigi Squarzina, che era il direttore, esplose in una risata: non capivo se rideva di me oppure per la mia esibizione ben fatta, per fortuna rideva per l’esibizione, quindi fui accettato e debuttai in palcoscenico mentre frequentavo il secondo anno, in “Madre coraggio” di Brecht con la grande Lina Volonghi».

Accipicchia: un bel debutto…
«Sì ma io non dicevo nemmeno una battuta e dissi a mia madre: quando vieni alla prima, io entro nel secondo atto e sono uno dei due che spostano un cannone, ma sono quello dietro… Insomma ho iniziato muto e impallato da un altro attore, peggio di così…».

[…] L’incontro con Massimo Lopez?
«Dopo sette anni di Teatro Stabile, mi ero procurato un’orchite da Shakespeare e decisi di migrare verso il cabaret. All’epoca mi avevano proposto un piccolo ruolo, due battute nel “Fu Mattia Pascal” di Pirandello con Giorgio Albertazzi e siccome anche Massimo frequentava la Scuola, gli passai la parte… da allora non ci siamo più persi di vista…».

Tullio Solenghi: “Minacce di morte per Khomeini? Ambasciatori italiani rispediti a casa per colpa mia”

E si unì a voi Anna Marchesini per il celebre Trio…
«La conobbi alla Rai di Torino. Ci avevano proposto di fare insieme una trasmissione per la radio svizzera italiana, destinata agli emigrati: fino a quel momento venivano fatti degli sketch bruttissimi… forse per fare in modo che gli emigrati non tornassero in Italia! Con Anna riscrivemmo i testi, tra noi era subito scattata un’intesa artistica, avevamo lo stesso occhio strabico nel guardare la realtà. Con lei ci ritrovammo a Genova per un altro varietà alla radio, dove ci inventammo un corso di “mimo radiofonico”».

Cioè?
«Lei annunciava: adesso Marcel Marceau mimerà un albero… Silenzio assoluto… e poi io, nel ruolo di Marceau che mimava l’albero, ovviamente invisibile alla radio, ringraziavo in francese. Da lì partì l’idea di coinvolgere Massimo per creare il Trio».

Tra i tanti personaggi interpretati, lei ricevette minacce di morte per l’Ayatollah Khomeini…
«Eccome no? E l’ambasciatore italiano in Iran, con i vari funzionari, furono rispediti in Italia per colpa mia, ma loro non sapevano il motivo della chiusura dell’ambasciata e quando atterrarono a Fiumicino ne chiesero il motivo. Gli risposero: è per colpa di uno sketch del Trio. E loro, sgranando gli occhi chiesero: cosa?? Non riuscivano a capacitarsi. Ma non basta… qualche tempo dopo, incontrammo Romano Prodi a un premio e ci disse: voi avete fatto lo sketch che ci è costato di più nella storia della televisione».

Perché?
«Rispose: perché l’Iran doveva pagarci una serie di lavori svolti là da qualificati tecnici italiani, ma i soldi non sono mai arrivati, con la scusa che si erano offesi per il vostro sketch».

Tullio Solenghi: “Così è nato il trio”

Innumerevoli i successi del vostro sodalizio artistico..
«Sì, e all’apice del successo una sera al Teatro Sistina accadde un fatto curioso. Sala gremita, ad ogni nostra battuta reazione immediata di una valanga di risate, che eravamo abituati a sentire. Ma quella sera, in coda alla risatona generale, sentiamo una risatina che arrivava da un gruppetto di spettatori in platea: ridevano in ritardo».

Come mai?
«Erano indiani, con turbante in testa e con un accompagnatore che gli traduceva le battute: la risata arrivava dopo la traduzione…».

Il suo ultimo ricordo di Anna, scomparsa nel 2016?
«La andai a trovare a casa, era stremata, ma con una capacità prodigiosa di continuare a inventare. Stava per pubblicare il suo libro “È arrivato l’arrotino”. Le chiesi il perché dell’arrotino, e rispose: da quando sono qui a letto, sento i rumori della città, grigi, monotoni… l’unica voce che rompe il grigiore è quella dell’arrotino, mi dà il senso della vita».

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