Levante: “Primo disco durato poco per un motivo. Ma c’è un’altra scelta sfigata che ho fatto”. Levante sul primo disco, la gavetta, la carriera e non solo, la cantautrice siciliana, 37 anni, ripercorre le tappe della sua carriera in una intervista a ‘TV Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] Studiava Lettere moderne a Torino. Qual era il piano?
«E anche Economia e Psicologia. Tre materie che non ho portato avanti, ma vedevo la musica come una cosa impossibile e cercavo di essere pragmatica. Mi immaginavo anche sulla via del giornalismo. In ogni caso sapevo che avrei scritto».
Il primo “vagito” musicale è del 2009: Levante e le Effemeridi. Gruppo rock tutto al femminile.
«Era “finto rock”, una cosa che non mi rappresentava per niente. È stato proprio un compromesso, perché mi approcciavo alla discografia con pochissima esperienza. Dietro c’era un progetto di altri, infatti è durato quel che è durato perché io non ci credevo. Avevo incontrato questo musicista che aveva delle velleità da discografico…».
Levante: “Primo disco durato poco per un motivo”
Dopodiché se ne va a Leeds, in Inghilterra. In genere la gente va a Londra…
«Altra scelta “sfigata”, legata sempre al fatto di incontrare le persone sbagliate (ride di gusto)! Sono tornata da lì completamente delusa. Per fortuna a Torino stava nascendo Inri, che poi è diventata un’etichetta indipendente supervalida. Da lì, finalmente, è partito tutto il progetto».
In “Levante Ventitré” parla anche del suo amore-odio per il Festival di Sanremo e delle paure che quel palco genera. Eppure lei è una che ha suonato al Primo maggio, al Club Tenco, al Forum…
«È diverso. Intanto è televisione, ti vedono milioni di persone. Tutta quella gente sotto il palco non ce l’avrai mai. Questo fa molta paura. In più, è come se il Festival non ti concedesse la misura dell’errore, devi essere alieno nell’esibizione, una cosa che mi sembra ingiusta. Tutto è amplificato. Con la tv ho un rapporto conflittuale».
Mi viene in mente la sua esperienza da giudice a “X Factor”, nel 2017.
«Quella la interpreto come una lezione. Era un ruolo che, sinceramente, non mi faceva sentire particolarmente a mio agio. Ma tutto fa scuola e mi ha insegnato tantissimo. Il mio mondo è un altro, fatto di parole, di accordi, di strumenti».
Lei dice che nella musica «mi piace scavare a fondo». Si può ancora fare, in un mondo che va così veloce e spesso in modo superficiale?
«Da parte mia ho cercato di non seguire questo tipo di velocità. Penso di esserci riuscita. Credo che tutti i miei lavori abbiano un filo rosso, non sono mai raffazzonati, non ho mai cercato aiuto per scrivere qualcosa che potesse strizzare l’occhio. Cerco sempre di non seguire i ritmi degli altri. Mi piacciono le cose fatte con un pensiero dietro, e l’arte ha bisogno di tempo. Penso che solo così possa emozionare, non credo che la si possa creare a tavolino».
Levante: “Romanzi? È un’attività che sto continuando”
In “Ventitré” espone molto la sua fragilità. Parla di depressione, di terapia. Non deve essere stato facile.
«È così. Però è anche vero che io faccio solo quello che posso difendere e mi sentirei un po’ ipocrita a parlare di cose che non ho mai vissuto. Perché nascondere qualcosa che ho vissuto? O rifiutarlo? So, perché ci sono passata. A volte mi hanno rimproverato di raccontare un mondo troppo personale, ma io rispondo sempre che quello è l’unico mondo che conosco davvero. E poi attraverso me parlo anche di altro, di quello che succede intorno a me, intorno a noi».
Ha scritto tre romanzi. Esperienza conclusa, o ha in mente altro?
«È un’attività che sto continuando. Anzi, ho l’editore che mi sta col fiato sul collo. Mentre parlo con lei penso anche a come devo terminare il mio ultimo libro (ride)».
Nel 2018 il magazine internazionale “Monocle” la definì una superstar nascente. Oggi chi è Levante?
«Io mi sento un’artigiana della musica. Mi sveglio al mattino, vado in studio, faccio i miei libri, scrivo le mie canzoni, torno a casa, faccio da mangiare, il giorno dopo prendo la metro e vado dalla mia vocal coach… Sono una persona normalissima, che non ambisce a diventare una superstar e che non lo sarà mai. Mi commuovo ogni volta che penso che sto facendo quello che volevo fare quando avevo 5 anni, e quindi per me è perfetto. Io ho vinto».
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