Frankie hi-nrg: “Nuovi rapper? Rispetto a noi hanno un vantaggio. Milano culla del Rap ma è diventata posto per ricchi”. Frankie hi-nrg sui nuovi rapper, Milano, il movimento e non solo, lo storico rapper torinese, 54 anni, paragona gli artisti di oggi a quelli della sua generazione in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] È uno dei primi rapper italiani: siete stati a lungo esponenti di un fenomeno di nicchia. Oggi, invece, è il genere del momento: restando a Milano pensiamo a Ghali, corteggiatissimo anche dalle griffe.
«Il genere è cresciuto, si è diffuso e permea vari ambiti della cultura. Gli artisti sono vettori e possono trasportare anche marchi: naturale si facciano avanti le agenzie, le griffe».
Anche lei è stato corteggiato?
«Mai un vettore con questa risonanza. Quando è stato organizzato il primo Hip hop Village al Forum di Assago c’era uno sponsor e tanti si guardavano scandalizzati: orrore! Noi non ci vendiamo! Era il 1998».
Adesso gli sponsor sono all’ordine del giorno.
«Non sono contrario, non lo sono mai stato: c’era chi mi regalava vestiti e io li indossavo, niente più. Però non va bene se in mezzo a quelli degli sponsor non passano altri messaggi. Non è evidentemente il caso di Ghali».
[…] Cosa ha la nuova generazione di rapper che la sua non ha?
«Invidio un po’ il loro avere meno il paraocchi. Noi all’epoca ci siamo abbastanza isolati, ci siamo fatti male da soli con lo scetticismo verso il resto del mondo. Allora, ad esempio, non avevamo buone relazioni con stampa e radio, oggi ci si chiama tutti per nome, sono tutti super gentili: è chiaro quanto può contare il sostegno mediatico».
Ma ha criticato la vittoria di Angelina Mango a Sanremo, premiata da radio e sala stampa.
«Sì, ma non per criticare Angelina e l’ho precisato. È il meccanismo generale della scelta che va rivisto».
Frankie hi-nrg: “Nuovi rapper? Rispetto a noi hanno un vantaggio”
Cosa dice dei trapper che finiscono nelle risse?
«Mi vien difficile distinguere tra rap e trap, è un po’ lo scaffale su cui si piazza il prodotto. Dico però che non mi piacciono la futilità, la fuffa, la celebrazione della violenza. Tre quarti dei brani con cui sono cresciuto parlavano di sparatorie, ma se Krs-One mette sulla cover del suo album una mitraglietta citando la foto di Malcom X alla finestra non è per celebrazione della violenza, bensì per narrazione di una realtà. Adesso invece tanti ci fanno, è moda la grancassa che esalta soldi e risse. Chi dice cose meno scontate non viene granché ascoltato. Io, per esempio, adoro un’artista che gravita su Milano, Vaitea: rappa in quattro lingue ma non è nei circuiti della fuffa quindi non è nota come altri».
Ecco, Milano.
«Negli anni Novanta potevi vivere in provincia e magari comunque farti conoscere, adesso ciò che non è a Milano sembra non accadere. Il “muretto” vicino a piazza San Babila è stato un luogo di ritrovo chiave, almeno finché un’amministrazione comunale non l’ha reso inagibile. Ora mi risulta inglobato in un negozio: intanto però lì è cresciuto un movimento».
È nato a Torino: con voi è stata più ospitale?
«La piazza analoga vicina al Teatro Regio è stata chiusa con una cancellata, quindi no. E non è detto che un’amministrazione per essere intollerante debba essere per forza di destra».
Milano resta culla hip hop?
«Anche più di prima. Ci sono persone con il giusto intuito, è una vera capitale di questa cultura. Conosco persone che pur di starci si sacrificano e tirano la cinghia per arrivare a fine mese».
Perché è cara.
«Carissima. È diventata un posto per ricchi. Questo è un problema».
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