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Enrico Ruggeri: “Chico Forti? Mi hanno colpito due suoi aspetti. L’America è un Paese che non sa dire ho sbagliato”

Enrico Ruggeri: “Chico Forti? Mi hanno colpito due suoi aspetti. L’America è un Paese che non sa dire ho sbagliato”. Enrico Ruggeri su Chico Forti, il cantautore parla del caso del produttore trentino in carcere negli Stati Uniti dal 1998 per l’omicidio di Dale Pike, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

«Questo è il Paese dove eravamo tutti virologi, poi esperti di politica estera, commissari della Nazionale e adesso siamo tutti esperti di diritto internazionale. Ma chiunque abbia dedicato mezz’ora a esaminare la vicenda di Chico Forti sa che è solo stata fatta giustizia con 24 anni di ritardo».

[…] Come mai si è appassionato a questo caso?
«Prima di tutto perché mi appassiono alle cose di cui non parla nessuno. Mi sono chiesto perché il caso di Chico non fosse mai stato trattato, come lo sono stati altri, e la mia risposta, come dico nella canzone, è che è stato perché lui ha avuto due vite: la prima, favorita dal grande sogno americano, la seconda, distrutta dall’incubo americano. Lui era un imprenditore, un bell’uomo, di successo, e dunque non aveva il physique du role del martire».

Cosa l’ha colpita di lui come persona?
«Sono rimasto colpito dalla fermezza e dalla serenità. Ci vuole una forza morale enorme. Aggiungo che se Chico si fosse dichiarato colpevole, sarebbe a casa sua da 15 anni. E questo la dice lunga. L’America è un Paese che non sa dire “ho sbagliato”».

Lei non ha dubbi che Forti sia innocente?
«Certo, come chiunque abbia dato un’occhiata, anche sommaria, alla vicenda. Quelli che dicono “ritorna in patria un assassino”, non hanno letto niente».

Enrico Ruggeri: “Chico Forti? Mi hanno colpito due suoi aspetti”

Ci sono anche criminologi che nutrono dei dubbi.
«Non hanno passato le ore che ho trascorso io con tante persone che hanno seguito la vicenda molto più da vicino di me. Rimango della mia idea».

Se avrà la possibilità di incontrarlo cosa gli dirà?
«Mi viene istintivo fargli i complimenti per come ha vissuto, esprimere l’ammirazione per aver tenuto la schiena dritta. È una cosa che mi ha colpito enormemente, così come la sua grande serenità».

Diceva che non se ne è parlato, ma per Forti c’è stata parecchia mobilitazione, mentre di tanti dei 2.600 italiani in carcere all’estero non si sa nulla. Non è stata sufficiente?
«Questo è un Paese molto frettoloso e sommario, per cui ci si dimentica. Vedo sul web un sacco di gente che si chiede chi è Chico Forti, succedono cose che sembrano terribili e poi tre mesi dopo scompaiono. Su 2.600 casi ciascuno è diverso, con governi diversi, ordinamenti diversi, bisognerebbe fare 2.600 disamine».

Sul caso di Ilaria Salis come si pone?
«Come sugli altri 2.599 casi. È un caso che non conosco bene. Come al solito, quando un caso sale agli onori della cronaca diventa ostaggio di tifoserie. Siccome lei è quella che ai miei tempi si sarebbe chiamata una extraparlamentare di sinistra, immediatamente, senza sapere nulla, il Paese si divide in due tifoserie».

Vedere come viene trattata in cella non le ha fatto impressione?
«Certo. Io ho visto Enzo Tortora in manette. Purtroppo queste cose succedono da decenni. Enzo Tortora venne condotto in manette mentre era un personaggio televisivo amato da tutti. E i magistrati fecero carriera».

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