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Spettacolo

Alba Rohrwacher: “La solitudine dei numeri è stata la svolta. Mi sono presa un rischio e sono stata contenta di averlo fatto”

Alba Rohrwacher: “La solitudine dei numeri è stata la svolta. Mi sono presa un rischio e sono stata contenta di averlo fatto”. Alba Rohrwacher su La solitudine dei numeri, l’attrice Toscana, 45 anni, ripercorre le tappe più significative della sua carriera in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] interpreta Alida Valli, in due diverse versioni.
“Qui Valli è un simbolo e all’interno dello stesso ruolo c’era una grande escursione: all’inizio la vediamo attrice mentre recita in un film neorealista, poi diva da copertina, alla festa in cui Mimosa capita per caso. Come il personaggio di una fiaba la ragazza incontra lungo la via buoni e cattivi maestri, diavoli tentatori e angeli custodi. E Alida la metterà in guardia dal pericolo”.

Anche lei ha trovato buoni e cattivi maestri lungo il suo percorso?
“Quando sono approdata a Roma ero molto ingenua e non avevo nessuna familiarità con il mondo che è poi diventato la mia vita, quindi mi è capitato di essere illuminata da alcuni e molto delusa, e anche spaventata, da altri. A vent’anni ero davvero un marziano arrivato al cinema, e forse a volte avrei dovuto credere di meno alle parole che mi sono state date. Ma quella mia non appartenenza, quel mio essere fuori luogo e allo stesso tempo avere un’indole curiosa e piena di voglia di imparare è anche stata la mia forza”.

Alba Rohrwacher: “La solitudine dei numeri è stata la svolta”

Nel suo percorso sono stati più utili i sì o i no?
“Sono stati utili i no che ho avuto il coraggio di dire. E non è stato facile, ma se mi guardo indietro non mi sento prigioniera di niente che non abbia scelto. Posso avere preso decisioni sbagliate, ma in quel momento per me erano la cosa giusta da fare”.

È stato importante crescere nella campagna umbra, in un relativo isolamento?
“Quello che a me sembrava un grande limite, sono stata una ragazzina in lotta costante per fare le cose che erano normali per gran parte dei miei coetanei, si è poi rivelata un’ancora di salvezza. Tutti dobbiamo fare i conti con il passato da cui proveniamo, se poi siamo capaci di guardare con benevolenza a ciò che siamo ci rendiamo conto che la nostra forza sta proprio nell’unicità delle nostre radici”.

Alba Rohrwacher: “Dai giovani cerco il desiderio che li spinge”

[…] Oggi è direttrice artistica del corso di recitazione del Centro…
“Ho accettato proprio per l’infinita gratitudine che ho verso quella scuola, per l’amore verso i giovani attori che dedicano tempo alla formazione, soprattutto oggi che c’è una grandissima richiesta di mercato. E mi chiedo: senza una formazione, senza un salvagente a cui ricorrere se necessario, saranno poi in grado di resistere? Ho una grande ammirazione per i ragazzi che sentono il bisogno di dare una direzione al fuoco che hanno dentro, che scelgono una scuola e decidono di prendersi il tempo di diventare l’attore che saranno”.

Che cosa cerca in loro?
“Il desiderio che li spinge e li anima, una limpidezza nello sguardo, una capacità di accogliere e di essere accolti. È difficile ingabbiare questa cosa in un modulo ma mi è molto chiara, sento che quando c’è riesco a riconoscerla. A volte è immediata, scintillante, a volte invece è più nascosta, profondamente inabissata dentro questi ragazzi, offuscata da strati di paura: il percorso scolastico serve a dare loro fiducia e a far fiorire quella gemma preziosa che sta in fondo in fondo, e però c’è, è lì, è viva”.

Qual è stato il momento di svolta del suo percorso artistico?
“Penso a La solitudine dei numeri primi e all’incontro con Saverio. È stato un punto importante, sia del mio percorso artistico sia di quello personale, e le due cose si sono unite. È stato come un riconoscersi. Partendo dal lavoro. Ricordo la sensazione sorprendente di un’appartenenza inaspettata. E la mia vita è cambiata. Poi sono seguiti la serie In Treatment, Hungry Hearts, L’amica geniale e, ora, Finalmente l’alba”.

Alba Rohrwacher: “Mi sono presa un rischio e sono stata contenta di averlo fatto”

È cambiato qualcosa nel vostro modo di lavorare insieme?
“Quello non è cambiato, mi pare. Saverio è un grande direttore di attori che ama e sa portare in territori complessi da raggiungere: è molto bello stare nel suo sguardo. Nel nostro lavorare insieme c’è la facilità della comprensione e la fortuna di un confronto senza filtro, c’è onestà nella creazione”.

Ha recitato in quasi tutti i film diretti da sua sorella Alice. Anche con lei c’è un linguaggio comune?
“Tra me e lei c’è un grammelot dell’anima, un’appartenenza profonda pur essendo due persone molto diverse. Arrivare sul set di Le meraviglie, il primo film che abbiamo girato insieme,è stato assurdo: era un luogo dove avrei potuto essere cresciuta, ogni oggetto, ogni abito, ogni tessuto aveva un senso per me. Recitare nei film di Alice è come entrare dentro qualcosa che mi appartiene, come quando torni da un lungo viaggio. Fare un film ha a che fare con la partenza. Fare un film con Alice ha a che fare con il tornare a casa”.

[…] Come si muove all’interno del cinema internazionale?
“Per me è una festa lavorare all’estero. Da una parte sento che tutte le volte che esco dall’Italia al ritorno posso dare qualcosa in più qui. E poi mi piace lavorare su una lingua che non sia la mia. Anche quando è un azzardo. Ad esempio il film Hors-saison di Stéphane Brizé (anch’esso in concorso a Venezia e di prossima uscita italiana, ndr) è stato un regalo e allo stesso tempo un salto nel vuoto perché Stéphane lavora sull’improvvisazione e muovermi liberamente con il francese era più difficile. Ma questa difficoltà è servita a raccontare la verità di un personaggio che ha a che fare con una lingua non sua, con il sentirsi isolata e fuori luogo. E alla fine posso dirlo, io che non lo dico mai? Mi sono presa un rischio e sono stata contenta di averlo fatto. Sono stata contenta di me, ed è difficilissimo per me dirlo”.

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