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Lorenza Baroncelli: “Pardo? Mi ha convinto con un’offerta che non potevo rifiutare. MAXXI come tornare a casa”

Lorenza Baroncelli: “Pardo? Mi ha convinto con un’offerta che non potevo rifiutare. MAXXI come tornare a casa”. Lorenza Baroncelli su Pardo e non solo, la compagna del giornalista sportivo, architetto urbanista fresca di nomina da direttrice del MAXXI di Roma, 43 anni, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Lorenza Baroncelli, architetto, nata nel 1981. Dove?
«In Svizzera, a Ginevra. Papà è un fisico nucleare e così io sono cresciuta accanto all’acceleratore di particelle del Cern. Ho conosciuto Zichichi e, in tempi più recenti, Fabiola Gianotti. A casa si parlava di Dio e del Bosone di Higgs. Mamma ha insegnato, per scelta, in una zona difficile della Magliana, convinta che fare l’insegnante sia una questione di dovere civile. Provi a immaginare quando ho detto in famiglia che volevo fare l’architetto».

Contenti?
«Sì, anche se papà mi vedeva come fisico nucleare o ingegnere delle particelle».

E invece lei si è laureata a Roma e poi è volata a Bogotà per studiare come le città possono combattere il tessuto criminale grazie alla bellezza.
[…] «Due anni tra questa città e Medellín. Ho studiato come un luogo che fa stare bene possa diventare un antidoto al crimine. Anche se non è stato sempre facile. Una volta assieme a un giornalista del “New York Times” sono andata al confine col Venezuela, in una zona molto pericolosa. Cominciarono a sparare, fuggimmo. Altra lezione: le cose devono maturare, le città crescono con il giusto tempo, il tempo necessario».

Lorenza Baroncelli: “MAXXI come tornare a casa”

Quanto ha aspettato questo incarico, direttrice del Dipartimento di Architettura del MAXXI di Roma?
«L’ho aspettato come si aspetta di tornare a casa, alle proprie radici. Alessandro Giuli (presidente del MAXXI, ndr), persona coltissima e elegante, mi ha scelto proprio perché cercava un profilo che unisse architettura, arte e design. E poi questo posto è opera di uno dei miei miti».

[…] Ha conosciuto Cini Boeri, madre di Stefano e grande architetto donna?
«Sì molto bene. Soprattutto sono stata nella sua casa bunker della Maddalena, forse la casa più geniale che io abbia mai visto. Ha gli ambienti separati perché Cini era molto rispettosa dell’idea di famiglia, però con le giuste distanze tra i suoi componenti».

Donna molto tosta, Cini.
«Altroché! Una volta chiese a Stefano di farle vedere un progetto. Lo lesse attentamente e poi, senza battere ciglio, fece una profonda e accurata revisione».

Lorenza Baroncelli: “Pardo? Mi ha convinto con un’offerta che non potevo rifiutare”

E come ha conosciuto il suo compagno, il giornalista sportivo Pierluigi Pardo?
«Grazie a Totti» […] «Quattro anni fa, quando lavoravo ancora a Milano, organizzammo un talk con lui e Mentana. Ci incontrammo ma non accadde nulla. Una settimana dopo ci rivedemmo casualmente a un evento e io nemmeno mi ricordavo il suo nome, tanto è vero che mandai un messaggio a un amico per chiedergli di rammentarmelo».

Lui però ricordava bene il suo, Lorenza.
«Sì e siccome quella sera doveva seguire una partita della Roma, mi disse: “Dai, vieni con me”. “Non ci penso nemmeno”, risposi. Uno sconosciuto, figuriamoci. Allora lui giocò la carta vincente. “Se vieni, ti presento il capitano”. Come potevo rifiutare? Capitolai in nome di Totti».

Avete un figlio, Diego.
«Ha un anno e mezzo ed è la mia vita. Vede, io oggi ricopro un incarico che mi rende orgogliosa, lavoro molto. Ma io scelgo ogni giorno di staccare nel tardo pomeriggio o sul principio della sera e di tornare a casa da mio figlio. Tutti sanno che entro quelle ore io do il meglio ma poi non ci sono per nessuno. Questa scelta è il mio modo di essere una “capitana”, perché penso che ogni donna debba essere messa in condizione di vivere la propria vita di madre con pienezza e con gioia».

Il suo compagno la aiuta?
«Molto, ma questo è un altro discorso: sono io che voglio stare vicina a mio figlio. Non ero così prima della nascita di Diego. Prima c’era solo il lavoro, ma solo oggi capisco che la maternità mi aiuta a essere migliore anche nel lavoro. Perché è come se mi desse una marcia in più. E non dimentichiamoci che in certi Paesi del Nord Europa è normale staccare la sera perché si è lavorato tanto e bene nel resto della giornata».

Al MAXXI si sono di recente aperte le prime mostre che portano la sua firma. Una in particolare, dedicata ad Alvar Aalto, mette al centro non solo la sua figura ma anche quella delle due donne che hanno lavorato a stretto contatto con lui. Una svolta?
«Io penso che sia una questione di accuratezza storica e inserire anche le figure di Aino ed Elissa sia doveroso. Tante donne nell’architettura hanno lavorato e anche bene ma non sono poi passate alla storia come le figure maschili».

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