Olmo Schnabel: “Pet Shop Days? Volevo che lo spettatore si ponesse una domanda”. Olmo Schnabel su Pet Shop Days, il figlio dell’artista e regista Julian Schnabel, 29 anni, produttore alla prima esperienza come regista, parla del suo film in gara alla mostra del Cinema di Venezia, che racconta di due luoghi che gli sono familiari: Manhattan dove è cresciuto, e il Messico, dove vive ora. Di seguito alcuni passaggi dell’intervista rilasciata a ‘Io Donna’.
Con questo film voleva parlare alla sua generazione?
“Credo di sì. Ma sono ancora giovane,quindi se lo faccio non credo sia da un punto di vista nostalgico. Quando penso al cinema che amo non avrei immaginato che i miei due primi film sarebbero stati racconti di formazione (Schnabel ha, nel 2019, prodotto Giants Being Lonely, dell’amico Grear Patterson, ndr ). Il mio prossimo non lo sarà, ma evidentemente per me questo era il momento per parlare di individui che forse un po’ mi assomigliano”.
New York sarà certo stata di ispirazione («Perché non provate a fare come a New York, dove tutti parliamo con tutti e viviamo insieme conservando ognuno la sua identità? Guardate noi, si può fare» ci aveva detto Julian Schnabel nel 2010). Ma girare in un luogo dove è già passato tanto cinema può anche ritorcersi contro.
“New York è il luogo dove sono cresciuto ed è un posto dove c’è un’avventura possibile a ogni angolo. Manco da alcuni anni, da quando, già da prima della pandemia, mi sembrò che la città avesse smesso di farmi sognare. Allora per provare a scoprire qualcosa di nuovo ho deciso di andare in Messico. Sono tornato per il film perché cercavo quella intensità che avevo conosciuto: perciò ne ho fatto un luogo senza tempo, che ricordasse più atmosfere da cinema, forse gli anni ’80, che la vita di tutti i giorni.
Volevo posizionarmi al bordo di un precipizio e vedere se me la sarei cavata o se sarei precipitato di sotto. In molti mi dicevano: “Fai qualcosa di più piccolo, di più semplice”. Io rispondevo, no, “ne vale la pena” (in italiano, ndr ). Non sapevo quasi niente prima di cominciare. E non sapere è molto attraente. Mi piace lasciare le cose aperte, manipolare le situazioni, aspettare e poi tirare le somme”.
Olmo Schnabel: “Pet Shop Days? Volevo che lo spettatore si ponesse una domanda”
Nelle due famiglie del suo film c’è ben poca armonia, in compenso.
”Quelle relazioni sono pura fiction, ritratti di famiglie senza speranza, ma che lasciano intravedere qualcosa dietro al loro fallimento. Volevo che lo spettatore si chiedesse come erano prima del disastro. E che cosa le aveva portate al momento in cui tutto è sul punto di esplodere. Alejandro ha una relazione con la madre Maribel Verdú che definire ambigua è riduttivo. Sono molto vicini, dipendono l’uno dall’altra, sono migliori amici, vivono in una gabbia dorata, ma sono persone sole e forse vuote. Non è una relazione sana la loro, forse è perversa. I due ragazzi,quando si incontrano,scoprono di avere entrambi relazioni malate coi loro genitori e di essere molto soli, il che li avvicina. L’unica persona con la testa sulle spalle è la sorellina di Jack, anche se è solo un’adolescente. Gli adulti non ne escono bene, davvero non sanno che pesci prendere”.
[…] Non c’è spazio per la redenzione?
“Credo che alla fine dobbiamo tutti accettare chi siamo. Non so se questo sia un bene o un male e se coincida con l’idea di redenzione in senso religioso, ma certamente è un male negare la nostra natura. Produce dolore e confusione. Se questi ragazzi precipitano è perché i loro modelli non hanno fatto il loro dovere. Jordi Mollà (che interpreta il padre di Alejandro ed è un criminale, ndr) e Willem Dafoe sembrano soprattutto intenzionati a dimostrare la loro mascolinità con l’aggressività con cui perseguono i loro vizi”.
Lei dice che il suo film è “piccolo”, ma il cast è pieno di grandi nomi, Willem Dafoe, Emmanuelle Seigner, Peter Sarsgaard, tra i produttori esecutivi ci sono Michel Franco e Martin Scorsese…
“Non è stato facile, sono tutte persone molto impegnate. Certe volte anche se vogliono trovare il tempo per te, non ci riescono.Conosco Willem ed Emmanuelle attraverso mio padre (Willem ha lavorato per Julian Schnabel in Basquiat, Miral e Van Gogh, Seigner in Lo scafandro e la farfalla, ndr). Ma il resto del cast l’ho cercato e scelto io. Incastrare il poco tempo libero di Willem, che lavora tantissimo, con le disponibilità degli altri è stata una partita di poker. Non c’era spazio per l’errore, è un film girato a cento miglia all’ora”.
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