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Sabrina Impacciatore: “Fidanzato? Sto curando le mie ferite affettive. Non ho costruito una famiglia per un motivo”

Sabrina Impacciatore: “Fidanzato? Sto curando le mie ferite affettive. Non ho costruito una famiglia per un motivo”. Sabrina Impacciatore sul fidanzato, con cui si è lasciata da oltre 3 anni, è non solo, l’attrice romana, 56 anni, si racconta a tutto tondo in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi

Partiamo dagli Emmy.
«La candidatura è stata sconvolgente e inattesa! Il mio ruolo in White Lotus era piccolo e HBO (la casa di produzione, ndr) non ha organizzato la classica campagna pre-nomination».

Sabrina Impacciatore: “Emmy? Ho pianto”

Come le è stata comunicata?
«Primo giorno di set in Sudafrica, in una sorta di Cinecittà a Città del Capo. A fine riprese mi si avvicina il produttore per ringraziarmi di essere lì, sono orgogliosi di avermi a bordo. Che carino!, penso io, e aggiunge: “Il mio assistente ti deve dire una cosa”. Davanti a cento persone, un ragazzo si mette sull’attenti e con solennità annuncia: “Sabrina Impacciatore – anzi, Sæbrina Impæciatore – you have been Emmy nominee”. Siccome poche ore prima mi era stata comunicata la candidatura a un altro premio, immagino si riferisca a quella. Ringrazio e replico “But it’s not an Emmy”. E lui, come un soldato, ripete: “Sæbrina Impæciatore, you have been Emmy nominee”. Oddio mio, forse non è un errore, non è uno scherzo! Mi esplode il cuore nel petto. Scoppio a piangere. Tutta la troupe applaude. In quel momento si illumina il mio cellulare: è il regista della serie, Mike White, che urla di gioia in videochiamata. Con tacco 17 scappo fuori dall’hangar, affondo nel fango e mi ritrovo davanti un sole gigante arancione, che mi illumina come un occhio di bue mentre grido in italiano: “Mike, tu sei l’uomo della mia vita, io ti amo!”. Piango e rido. Ma non è una gioia dell’ego, è una gioia mistica. La manifestazione di ciò in cui ho sempre creduto, la conferma che i più grandi sogni si realizzano e che la mia strada non era sbagliata».

Sabrina Impacciatore: “Così ho conquistato  Schnabel”

Ha conquistato anche Julian Schnabel.
«Un giorno i miei agenti di Los Angeles mi dicono che mi sta cercando. Quasi svengo, lo adoro da sempre. Tremo per una settimana, poi mi fissano uno Zoom con lui che è in Costa Rica. Come posso presentarmi al primo incontro con questo Maestro? Decido di mettermi in una stanza tutta bianca e di indossare una tuta altrettanto neutra, aderente come una seconda pelle, regalatami la sera prima dalla mia amica Sia (la popstar, ndr). Schnabel è innanzitutto un grande pittore, e io voglio essere la sua tela, nonostante ci sia il rischio che mi scambi per una persona chiusa dentro un istituto di igiene mentale!».

Com’è andata?
«Mi appare sullo schermo ed esordisce così: “Ciao Sabrina! Your acting is phenomenal!”. Non potevo crederci, un genio dell’arte che fa i complimenti a me! Mi sono squagliata. Dopo quaranta minuti di chiacchiere varie, mi presenta la moglie e la figlia piccola. Siccome in casa indosso sempre un cerchietto con delle corna di daino, per sentirmi più vicina all’animale che sono, lo mostro alla bambina e me lo metto in testa. “Sabrina, tu hai tutto quello di cui abbiamo bisogno”. Il mese dopo mi dà appuntamento nella sua suite qui al Locarno».

Sabrina Impacciatore: “MeToo in Italia insabbiato”

Nell’era del post Me Too come ha reagito alla proposta?
«Mi prende il panico. Prima di salire da lui mi chiedo: se mai fosse… sarei pronta a dargli un calcio sulle palle? Respiro e mi rispondo di sì. Salgo col batticuore. Lui mi aspetta davanti all’ascensore e mi abbraccia forte come fosse Babbo Natale. Il feeling è immediato. Poi arrivano moglie e figlia. Mi affida un ruolo lontanissimo da me, senza provinarmi. Che grande! Abbiamo girato durante lo sciopero. Io ho aderito, sono un membro SAG; ma il film era indipendente e ha ottenuto la deroga».

A Hollywood che effetti ha avuto il Me Too?
«Il cambiamento è quasi radicale. Sui set c’è un coordinatore di intimità, bisogna seguire un training a tema molestie e abusi, firmare un codice di condotta. In The White Lotus avevo una scena intima: in un primo incontro mi hanno chiesto dove volevo essere toccata e inquadrata e dove no, ed è stato inserito nel contratto; nel secondo mi hanno descritto minuziosamente ogni singola ripresa. E quando abbiamo girato erano presenti solo i tecnici necessari. Mi sono sentita al sicuro, protetta».

E in Italia?
«Il Me Too è stato insabbiato all’istante, le denunce messe a tacere subito e le prassi ora seguite in America qui non attecchiscono. Colpa di una cultura endemicamente maschilista. Un’amica mi ha riferito che sua nipote è stata convocata per un provino lo scorso agosto a casa di un regista mai sentito. Era una molestia sicura! Di norma i casting non si organizzano con una sola persona e per di più sconosciuta nelle stanze d’albergo o nelle abitazioni private. Noi donne siamo creature fisicamente fragili, dobbiamo sviluppare capacità alternative alla forza, affinare una sorta di sesto senso».

Sabrina Impacciatore: “Fidanzato? Sto curando le mie ferite affettive”

[…] ha fatto le pulizie: passava l’aspirapolvere, preparava gli arredi di scena. Quando ha compreso che i sacrifici non erano stati vani?
«I momenti epifanici sono stati tanti. Per esempio, l’ultimo giorno di set del mio primo film in assoluto, Concorrenza sleale di Ettore Scola, un altro Maestro. Mi ero nascosta in una stanza della scenografia, lui è venuto a cercarmi. “Perché piangi?”, mi ha chiesto. “Perché non sopporto che questo finisca”. E lui: “Non piangere Sabrina, questo per te è solo l’inizio”. Un secondo momento epifanico: alla prima dell’Ultimo bacio di Gabriele Muccino. Alla fine della proiezione ho perso di vista i miei genitori. Ho aspettato che la sala si svuotasse e li ho trovati accucciati sotto le poltrone, singhiozzavano commossi. Avevano appena capito che non potevo fare altro nella vita, nonostante il loro parere contrario, nonostante i rifiuti, le porte in faccia, le sofferenze».

Cita sempre il dolore provato quando, per Non ti muovere, Sergio Castellitto ha preferito Penélope Cruz a lei.
«Non è il solo. Non dimenticherò mai la delusione per non aver preso il ruolo di Ida Dalser in Vincere di Marco Bellocchio. Mi ero preparata con una devozione maniacale per interpretare questa donna incredibile, prima amata da Benito Mussolini e poi fatta internare dallo stesso insieme al figlio. Tenevo nascosta una sua foto nel reggiseno. Ero convinta di farcela e sono arrivata in finale».

[…] Ha mai avuto una delusione così grande da considerare l’idea di lasciare il mondo dello spettacolo?
«È accaduto prima del covid. Venivo da un periodo magico: Sanremo 2018, il film A casa tutti bene, che avevo anche scritto con Muccino, la pièce teatrale Venere in pelliccia, il premio Flaiano. Poi sono stata ferma per tre anni».

Sabrina Impacciatore: “Fidanzato? Non ho costruito una famiglia per un motivo”

[…] Allora che cosa ha fatto?
«Ho pensato che dovessi mollare. Ero pronta a rilasciare delle interviste in cui mi congedavo. Ho sofferto tantissimo. Poco dopo è esplosa la pandemia. Un amico mi ha suggerito di contattare un acting coach in Inghilterra: ho studiato con lui Lady Macbeth, così, senza sapere se mai sarei risalita su un palco. Poi è arrivata White Lotus».

[…] In trance ha menzionato un suo ex. È fidanzata?
«No, sono libera da tre anni e mezzo: detesto la parola “single”. E sto curando le mie ferite affettive. Sono una persona di sentimenti estremi, carne e sangue, persino nelle amicizie. È stata una benedizione stare da sola per un po’, quando mi innamoro le mie emozioni sono totalizzanti e rendo meno sul lavoro. La ragazza non si applica (ride, ndr). Adesso però mi sento pronta ad accogliere un compagno d’amore, so che prima o poi arriverà».

Non ha mai desiderato una famiglia?
«Non l’ho costruita perché, per natura e spirito di dedizione, non avrei fatto altro. Mi sarei dedicata interamente ai figli e siccome sogno in grande ne avrei voluti dieci. Però è ora di smettere di considerare una donna completa solo se diventa madre. Si può lasciare traccia di sé senza dover per forza mettere al mondo dei bambini, si può essere creatrici in altro modo e agire il proprio senso materno in una forma imprevista. Questo è davvero il tempo decisivo per una rivoluzione culturale».

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