Saturnino: “Il basso è diventato la mia vita in un momento preciso. Jovanotti? La faccenda è quasi romantica”. Saturnino sul basso, Jovanotti e non solo, il bassista e compositore marchigiano, 54 anni, si racconta ripercorrendo le tappe della sua carriera in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Lei è nato ad Ascoli Piceno. Quando è arrivato in Lombardia?
«Nel 1989, avevo 20 anni. Era stato il mio insegnante di basso a dirmi: se vuoi seguire la strada della musica la tua città è Milano. Dunque eccomi. Condividevo un appartamento con altri ragazzi in viale Piceno. Loro studiavano, io volevo suonare. Ho avuto la fortuna di essere appoggiato dai genitori: i miei primi produttori. Ho iniziato subito a fare provini e in un anno e mezzo già vivevo di musica. Detto adesso mi sembra pazzesco».
Oggi ci sono meno occasioni per i ragazzi di quell’età?
«Le occasioni ci sono: bisogna essere determinati e qualcuno lo è. Prendiamo i Maneskin, li seguo da X Factor: sono un esempio di lavoro sodo che viene premiato».
Guarda ancora il programma?
«Mi informo su Instagram e impazzisco per Matteo Alieno, lo conoscevo da prima. Più di frequente, fuori, vedo poca disponibilità a fare sacrifici. C’è approssimazione, voglia di cercare scorciatoie. Gira l’idea: fare musica è semplice, bastano un pc e una scheda audio. Qualcuno crea pezzi fantastici con un pc e una scheda audio, però dietro c’era la competenza. Mica basta comprarsi gli strumenti per arrivare…».
Ha incontrato molti aspiranti musicisti così?
«Qualche volta sono i genitori a dirmi: ascolta un po’ di lavori di mio figlio, lui fa le basi. E che vuole dire fare le basi? Ripeto: le occasioni ci sono (io stesso le offro), ma la musica è una faccenda seria. Tanti si appassionano a cose, a generi, destinati a scomparire…».
Saturnino: “Il basso è diventato la mia vita in un momento preciso”
Lei che percorso ha fatto?
«Mio padre si era avvicinato al violino in collegio: a sei anni mi ha iscritto all’istituto Gaspare Spontini per approfondire lo stesso strumento. Sono andato in fissa per il basso elettrico al secondo anno dell’istituto tecnico: avevo avuto un incidente — sì, un altro: ero a piedi e un’auto mi ha investito — e questo mi ha bloccato a lungo. In quel periodo ho deciso che il basso era la mia vita, gli dedicavo ore e ore ogni giorno. Inizialmente da autodidatta, poi con un professore eccezionale, Gianfranco Gullotto, che veniva da Roma ad Ascoli. È stato lui a dirmi di puntare su Milano».
Allora la città era meno costosa.
«I ragazzi si sono sempre arrabattati, se necessario. Si faceva allora, si fa anche oggi: se vuoi una cosa stai anche sotto un ponte».
Nel 1991 a Milano lei ha incontrato Lorenzo Cherubini, Jovanotti.
«Lorenzo ha tre anni più di me ed era già famosissimo, aveva fatto San Remo e un sacco di altre cose. Cercava un bassista e un amico comune gli aveva parlato di me. Ci siamo visti in uno studio di registrazione in via Lombardini che adesso non esiste più. Abbiamo chiacchierato un’ora, poi mi ha chiesto un assolo. È quello che ancora adesso sta in Libera l’anima. La faccenda è quasi romantica, perché quando ho finito ha domandato: sei libero per i prossimi sei mesi?».
[…] In metropolitana lei è stato derubato e l’ha raccontato.
«Ero sulla Gialla, a luglio, da piazzale Missori andavo in Centrale. Ho percepito alcuni movimenti, come si sono chiuse le porte mi sono reso conto di non avere più il portafoglio».
Ha sbeffeggiato il borseggiatore: «Il mio portacarte non lo capirai mai».
«Ero davvero amareggiato. Se una cosa così fosse capitata – e capita – a un pensionato che si vede togliere risparmi importanti? Il mio messaggio era uno sfogo personale, la microcriminalità è un problema: fa la differenza nella sensazione di libertà di muoversi. Mi chiedo: se i social di continuo mostrano queste persone in azione, e si vede che sono sempre le stesse o quasi, perché non bloccarle? Gli strumenti, anche tecnologici, ci sono».
Seguici anche su Facebook. Clicca qui
Aggiungi Commento