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Francesco Giorgino: “Addio Tg1 doloroso ma ora ritorno. Frase Berlusconi su di me? Non è vero, ecco la verità”

Francesco Giorgino: “Addio Tg1 doloroso ma ora ritorno. Frase Berlusconi su di me? Non è vero, ecco la verità”. Francesco Giorgino sull’addio al Tg1, il giornalista pugliese, 56 anni, ritorna in televisione dopo sedici mesi di assenza alla conduzione del programma XXI Secolo. Ne parla in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’ della quale vi proponiamo alcuni passaggi.

Francesco Giorgino, a volte ritornano.
«Dopo sedici mesi di assenza, tanti sono passati dall’addio al Tg1, torno in tv».

Com’è stato andarsene dal Tg1?
«Doloroso, parliamo di trent’anni della mia vita. Ma prima o poi poteva capitare».

Non è capitato nel modo migliore, almeno a leggere i retroscena sulle tensioni con la direttrice Maggioni.
«A luglio dell’anno scorso mi è stato comunicato che non avrei più condotto l’edizione delle 20. Insieme all’azienda, poi, abbiamo trovato delle soluzioni che mi hanno permesso di diventare direttore e conduttore di programmi».

La direzione è quella dell’ufficio studi della Rai.
«Un lavoro molto appassionante, che conserverò anche quando sarò in onda con XXI Secolo».

Dica la verità: l’ennesimo talk show?
«No. XXI Secolo sarà un programma di approfondimento nel senso strettissimo della parola. Un tema lo affronteremo facendo data journalism, quindi partendo dalle evidenze empiriche dei dati, e poi con un’intervista a un politico di alto livello o a un dirigente d’azienda di quelli che rappresentano il nostro Paese all’estero. In chiusura di puntata, ci sarà un faccia a faccia sul futuro con un grande nome del mondo della cultura o dello sport».

Francesco Giorgino: “Addio Tg1 doloroso ma ora ritorno con XXI Secolo”

Ogni lunedì, dal 20 novembre, Rai1. Già terrorizzato per gli ascolti?
«Sappiamo già che un programma che punta a essere innovativo, nella forma e nei contenuti, ha bisogno di tempo. E comunque non sono terrorizzato, anzi. Primo, perché il gradimento del pubblico non si misura solo con l’Auditel; secondo, perché per il pubblico di Rai1, dopo trent’anni di Tg1, sono un volto di casa».

Com’era arrivato al giornalismo?
«Mio papà desiderava per me un futuro da pubblico ministero. E questo era già abbastanza singolare, considerando che lui fa l’avvocato. Ricordo che diceva spesso “sai, ti vedrei bene con la toga indosso”. Pubblico ministero o comunque un futuro da giurista».

E lei?
«Da quando avevo messo piede dentro Telesveva, la televisione locale di Andria, avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Da neo-laureato in giurisprudenza, nel 1989, partecipai come addetto stampa ai lavori di un grande convegno sulla riforma del Codice di procedura penale che si svolgeva a Rosa Marina, vicino Ostuni. C’era anche il presidente emerito della Repubblica Giovanni Leone, il nume tutelare degli accademici di procedura penale. Guardando il contesto e il livello di quelle personalità che avevano raggiunto la Puglia per il convegno, tutta gente che stava a Roma, capii che per fare le cose sul serio bisognava andare là, a Roma. Soprattutto per fare il giornalista».

E una volta a Roma?
«Grazie a Enzo Binetti, un deputato dc pugliese, iniziai a lavorare al dipartimento Stato e istituzioni della Democrazia Cristiana, dove studiavo la riforma dei sistemi elettorali dei componenti togati del Csm, e anche a collaborare con il Popolo e la Discussione. Feci amicizia con Enzo Carra, che era il capo ufficio stampa del partito con Arnaldo Forlani segretario».

Francesco Giorgino: “In Rai dopo colloquio con Bruno Vespa”

E la Rai?
«Riuscii a ottenere un colloquio con Bruno Vespa, allora direttore del Tg1».

Come andò?
«Mi fece fare una prova di stand-up, come se fossi un inviato. Feci come mi disse: mi misi in piedi e iniziai a parlare davanti a lui».

Responso?
«Mi disse “vai bene ma si sente troppo l’accento pugliese, ti serve subito un corso di dizione”».

E lei?
«Mi precipitai a fare un corso di dizione, ovviamente a mie spese».

[…] Nel 1994, però, la mandano via.
«Non mandano via me personalmente ma tutti quelli che avevano un contratto a tempo determinato, per decisione del consiglio d’amministrazione dei cosiddetti Professori. Era appena arrivato il primo governo Berlusconi e il neoministro per il Commercio estero Giorgio Bernini, papà della futura ministra Anna Maria, mi fece un colloquio. Prima, seconda, terza e quarta domanda, tutte in inglese. Prima della quinta mi viene il dubbio: “Ministro, lei cerca un portavoce o un interprete?”».

Francesco Giorgino: “Frase Berlusconi su di me? Non è vero, ecco la verità”

[…] Finito il governo dopo il ribaltone di Bossi, lei ritorna in Rai. È vero che fu proprio Berlusconi ad aiutarla con Giulio Borrelli a fare carriera al Tg1? Si tramanda di un Cavaliere che, incrociandolo, gli disse: «Direttore, ma questo ragazzo vogliamo farlo lavorare?».
«Non è vero. Borrelli mi stimava molto. Un giorno mi chiamò per comunicarmi che mi avrebbe portato alla conduzione del Tg delle 13 dopo che per un agosto intero avevo guidato la redazione della cronaca da solo, con tutti i capi in ferie. Quando squillò il telefono ero davanti a un pescatore che stava sbattendo un polpo sullo scoglio, a Bari. Ho ancora la scena davanti: la voce di Borrelli al telefono, il pescatore, lo scoglio, il polpo, tutto assieme».

Dicono di lei che è stato la longa manus del centrodestra al Tg1.
«Senta, per diventare vicedirettore del Tg1 ci ho messo trent’anni, dal 1991 al 2021, attraversando vertici aziendali espressione dei governi più diversi. Non uno, non cinque, non dieci: trenta, e questo senza saltare neanche un gradino della gerarchia. Un po’ tanti per un raccomandato, non crede?».

Che è stato un berlusconiano di rango.
«Da capo della redazione politica del Tg1 ho attraversato le fasi più cruente del dibattito pubblico, con conflitti rimasti nella storia della Seconda Repubblica, da Berlusconi contro Fini a Renzi contro Bersani. Sa in quanti si sono lamentati di me, in quanti hanno mandato alle agenzie una dichiarazione contro o presentato un’interrogazione parlamentare? Nessuno, neanche uno. Mai nessuno ha avuto nulla da eccepire sul lavoro del sottoscritto».

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