Ludovico Peregrini, il signor No di Rischiatutto: “Sparito dalla tv per un motivo preciso”. Ludovico Peregrini, il signor No di Rischiatutto, nonché autore televisivo, 80 anni, ripercorre le tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Peregrini, perché non è più in tv?
«Semplice: nessuno mi chiama (ride). I programmi sono cambiati. Penso in primo luogo ai giochi, il mio terreno principale. Quella che noi negli Anni 70 chiamavamo “cultura generale” è un po’ sparita. Negli ultimi casting che ho fatto, per il “Rischiatutto” di Fabio Fazio nel 2016, la gente sapeva poco di quello che chiedevamo all’epoca di Mike. I programmi si sono adeguati: anziché domande sul passato o sulla storia, oggi si fanno giochi di parole dove non occorre avere cultura, ma basta un po’ di intuizione ed essere svegli. E così i giochi vanno avanti e i concorrenti si trovano, altrimenti sarebbe un grosso problema».
Questo impoverimento non è anche un po’ colpa di Mike Bongiorno (e quindi anche sua) con il passaggio dal quiz al game show?
«Sì, forse c’è un peccato originale, ma è stato un adattamento forzato. Ho fatto con Gerry Scotti molte edizioni di “Chi vuol essere milionario?” e di fronte alle domande più “alte” si faceva fatica a trovare concorrenti preparati. Le domande che ponevamo durante i casting ogni anno venivano “alleggerite”, altrimenti non avremmo trovato più nessuno. Che poi, se ci pensiamo bene, perché oggi dovremmo sapere qual è la capitale della Bulgaria? Se hai un problema o un dubbio vai su Internet e in un attimo hai risolto. Paradossalmente è come se non ci fosse più bisogno di avere una conoscenza».
Lei ha cominciato nel 1966 con Pippo Baudo a “Settevoci”. Subito in prima linea…
«Ho avuto la fortuna di trovare due storici autori di “Settevoci”, Sergio Paolini e Stelio Silvestri, che mi hanno preso a ben volere e mi hanno insegnato il mestiere con molta pazienza e molta amicizia».
Da Baudo, che era tornato a lavorare a Roma, passò a Mike, che però aveva avuto dei flop.
«Eccome! Mi raccontò che prese l’appuntamento in Rai per presentare quello che sarebbe diventato “Rischiatutto” e gli fecero fare un paio di mesi di anticamera prima di riceverlo. Non era molto considerato. Pensavano che avesse avuto un momento di successo, ma non si era più ripetuto. Poi per fortuna la trasmissione piacque. Ad aiutarlo eravamo in due: uno era Paolo Limiti, che si occupava della parte più di spettacolo, mentre io seguivo la parte più culturale. Ero rigoroso nell’approccio».
Tra Limiti e Mike non fu amore.
«Litigarono ferocemente, erano due caratterini difficili. Mike, con tutto il rispetto e con tutta l’ammirazione che ho, non era uno morbido. Limiti lo stesso: bellissima persona, ma con un carattere spigoloso. Furono fuoco e fiamme, e Limiti se ne andò».
Ludovico Peregrini, il signor No di Rischiatutto: “Nessuno mi chiama in tv”
[…] È vero che Mike temeva che Massimo Inardi (un concorrente esperto di paranormale) leggesse nel pensiero e tolse le risposte dalla propria cartelletta?
«Sì, ma fu un po’ una ”cialtronata” di Mike per fare spettacolo. Mi disse: “Sa sempre le risposte. Secondo me legge nella mente”. E allora pensò di dare le risposte a Sabina Ciuffini, la valletta: così quando il concorrente rispondeva lui chiedeva alla Ciuffini di dire se fosse esatta. Ora, se davvero Inardi avesse avuto quei poteri non si capisce perché avrebbe potuto leggere solo nella mente di Mike e non anche in quella della Ciuffini! Ma l’idea funzionò».
[…] Lei preparava le domande. Mai subito tentativi di corruzione?
«Mai, per fortuna. Era una redazione molto austera e ci sarebbe voluto un bel fegato per tentare un approccio del genere».
A bocce ferme, come giudica il remake di “Rischiatutto” del 2016?
«Un lavoro molto intelligente, perché bisognava in un certo senso svecchiare il programma. L’idea era di metterci più spettacolo: un’operazione doverosa, ma che purtroppo non ha funzionato del tutto perché il quiz ha certe regole, se si crea l’atmosfera non la si può interrompere. Mike diceva che “il quiz è la Santa Messa”».
Dei giochi di oggi che cosa le piace?
«Non ne guardo molti, ma mi piacciono quelli in cui viene fuori il concorrente. Il gioco dei pacchi (“Affari tuoi”, ndr), per esempio, è molto semplice, ma emerge benissimo la storia del concorrente, la voglia che ha di vincere, le sue frustrazioni, le perplessità, le emozioni, i pianti e le risa. Il concorrente è protagonista con tutte le sue emozioni».
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