Gigi Folino: “Tropicana successo e guadagni. Il gruppo si è sciolto per un motivo. Oggi sono un artista di strada”. Gigi Folino su ‘Tropicana’, l’artista milanese, 64 anni, autore del brano che nell’estate del 1983 portò il Gruppo Italiano in cima all’hit parade, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Come nasce la passione per la musica?
«Mio nonno materno era un sassofonista, mi avvicinato lui alla musica. Mio padre mi fece studiare chitarra classica ma ero piuttosto insofferente a teoria e solfeggio. Ma negli anni successivi quello studio mi ritornò utile».
Come nacque il Gruppo Italiano?
«Ai tempi del liceo incontrai Enrico “Chicco” Santulli, chitarrista. Erano gli anni 70, facevamo le prove in cantina, io passai al basso. Con noi c’era anche Roberto “Bozo” Del Bo, batterista, e due ragazze: Patrizia Di Malta, mia compagna di liceo e una sua amica, Raffaella Riva. Ci chiamavamo Randa. La madre di Bozo ci mise in contatto con Mogol che ci affidò a Oscar Prudente. Ci notò Mara Maionchi che produsse l’album Maccherock che non ebbe il successo sperato».
Toccava cambiare genere?
«Ci voleva qualcosa di originale. Da un mio giro di basso nacque Tropicana. Dovevamo decidere che veste dare al pezzo: erano gli anni di Kid Creole & the Cocunuts».
Gigi Folino: “Tropicana successo e guadagni ma non abbiamo saputo gestire”
Travolti dal successo?
«Fu un successo inaspettato. Eravamo giovanissimi, io avevo 24 anni. Fu una grande soddisfazione, ma stranamente, non avevamo concerti in programma. Tutte le radio trasmettevano il nostro brano, ma non suonavamo, questo mi dispiaceva tantissimo. Certo, facevamo delle ospitate tv, ma erano gli anni del playback».
Il successo proseguì.
«Partecipammo al Festival di Sanremo l’anno successivo. Ci presentammo con “Anni ruggenti”. Non andò male: si piazzò a metà classifica. Al Festival, come vicini di camerino c’erano i Queen. Un sogno».
Cosa ha interrotto quel sogno?
«Sono sorti dei dissapori all’interno del gruppo. Non abbiamo saputo gestire il successo improvviso e inaspettato, ma con il senno di poi direi che, probabilmente, non eravamo un vera band».
Fu anche un successo economico?
«All’epoca il nostro guadagno si aggirava sui 30-35 milioni l’anno per ciascun componente del gruppo. Io investii in strumenti musicali. Sciolto il gruppo, mi sono dovuto inventare in altre professioni, dal 2006 ho scoperto la Music Learning Theory e ora insegno ai bambini della scuola dell’infanzia. Dal 2013, inoltre, sono un artista di strada, ed è bellissimo».
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