Chiara Francini: “Sinistri un caso nazionale, un aspetto non capisco. Scherzo sempre sul mio sebo per un motivo”. Chiara Francini su Sinistri e non solo, l’attrice e scrittrice fiorentina, 42 anni, parla delle polemiche nate sul passaggio del suo libro in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] quando ha deciso di fare l’attrice che cosa hanno detto?
«Mamma avrebbe preferito altro, però se lo ricorda bene quando, alle elementari, in una recita feci Santa Caterina e caddi a corpo morto. Le venne un colpo, avevo recitato così bene che pensava mi fossi sentita male».
Cinque libri, ma tanti film, spettacoli teatrali e tanta televisione. Eppure lei dice di sentirsi più scrittrice che attrice.
«Perché è così, ma sembra che se hai gli occhi grandi, la bocca carnosa, anche se io le chiamo “labbra da ciuco” e il seno grande, non tutti ti prendano sul serio quando decidi di scrivere. Una volta per un romanzo mi consigliarono di mettere, nella quarta di copertina, una foto con gli occhiali da vista, sarei apparsa più credibile».
[…] Quando ha capito di saper far ridere?
«Quando frequentavo il Teatro della Limonaia di Firenze mi fecero fare Cleopatra e nel dialogo con il servo, che doveva essere tragico, tutti si buttarono a terra per le risate».
Chiara Francini: “Sinistri un caso nazionale, un aspetto non capisco”
Come ha conosciuto Frederick?
«In una pausa tra un palcoscenico e l’altro mi misi a lavorare in un’agenzia di comunicazione. Lui era il mio dirimpettaio ma il giorno dopo che ero arrivata chiese al capo di togliermi dal posto dinanzi a lui perché lo distraevo».
Era vero?
«No, era lui che mi lanciava gli elastici. Quando siamo usciti insieme per la prima volta mi fece trovare una pallina composta da tutti li elastici con cui aveva attentato alla mia incolumità».
Elastico dopo elastico, sono passati diciotto anni.
«Di fila».
Perché non se lo sposa?
«Perché non voglio estranei in casa» […] «Però adesso che ci penso… magari succede. Il vestito, i fiori, i capelli. Quasi quasi mi sposo».
[…] Pippo Baudo.
«Padre. Quando mi chiese di affiancarlo a Domenica In giurai a me stessa che avrei fatto di tutto per non deluderlo. Cominciavamo le dirette tenendoci per mano, nessuno dei due usava cartelli né gobbi. Ancora oggi, per il mio compleanno, mi manda fiori con un cartoncino. Che conservo, ma io conservo tutto, anche i pass temporanei per entrare in Rai».
Se le dico “figli”? […] Ci pensa?
«Sì, ci penso. Ho 43 anni, c’è questo benedetto orologio biologico. Però ci penso a modo mio. Senza nascondere le fragilità o le paure».
Per chi ha votato alle ultime elezioni?
«Nemmeno sotto tortura lo dirò».
Un indizio?
«Piero Calamandrei, nel 1955, parlando ai giovani disse che la libertà va toccata, non è una cosa astratta, che la politica va fatta con le azioni. Io faccio politica appoggiando questa o quella causa. Sono vicina al movimento Lgbtqi+, difendo ogni tipo di libertà. Se proprio devo dirlo, il colore che mi rappresenta è un insieme di colori, diciamo pure un arcobaleno».
Chiara Francini: “Scherzo sempre sul mio sebo per un motivo”
[…] con quella storia dei «sinistri» ha messo in subbuglio il Paese.
«Ma non capisco perché ogni volta che apro bocca si apre un caso nazionale. Secondo me la Treccani mi assumerà come inventrice di nuove parole. Dunque, chiariamo: io — come tra l’altro scrivo nel libro — a Cartabianca ho fatto distinzione tra sinistri, mancini e poveri paghi. I sinistri sono i ricchi di famiglia che vorrebbero essere nati poveri per essere considerati intelligenti. I mancini sono gli arricchiti che se ne fregano della cultura. I poveri paghi sono quelli come mio padre, i migliori: consapevoli delle proprie condizioni ma che godono di un cappotto nuovo e che non sprecano nulla. Ora, una come me che è cresciuta nel contado a colpi di sacrifici, che ancora oggi usa con parsimonia lo scopino del bagno per non sporcarlo e non consumarlo, come può essere trattata dai sinistri e dai mancini?».
Nel suo libro lei scrive che i sinistri la voleva no «decorativa» e i mancini «prona».
«Ecco».
Se c’è una cosa difficile è definire questa è proprio Chiara Francini.
«E meno male. Perché le etichette mi gonfiano come la ribollita di mia madre. Ti vogliono sempre o in un modo o in un altro. O bella o colta. O fai cinema o fai tv. O zozza o immacolata. Ecco perché io scherzo sempre parlando delle mie “volitive” (i seni, ndr.): perché sembra che se porti una quinta di reggiseno tu non possa scrivere bene o pensare bene».
Si è mai innamorata di una donna?
«No, però mi affascinano. Se sono in una stanza e entra un bell’uomo, manco lo guardo, prima mi deve eccitare le sinapsi. Se però entra una donna la guardo attentamente, mi piace osservare la bellezza femminile».
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