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Cinema

Fanny Ardant: “The Palace? Nessun dubbio su Polanski. Voglio incontrare il Papa per spiegargli una cosa sugli animali”

Fanny Ardant: “The Palace? Nessun dubbio su Polanski. Voglio incontrare il Papa per spiegargli una cosa sugli animali”. Fanny Ardant su The Palace e non solo, l’attrice francese, 73 anni, parla del ruolo della Marchesa che interpreta nel film di Roman Polanski in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Si ritrova nello spirito della black comedy, dell’umorismo nero?
“No, sono una romantica, penso solo all’amore. Però mi piace entrare in un universo che non mi appartiene. Si impara di più da questa visione insolente che da una lezioncina di morale… Che fastidio!”

Nessun dubbio sul lavorare con Polanski dopo le contestazioni del 2020, quando gli hanno assegnato il César per L’ufficiale e la spia?
“Neppure mezzo. Roman mi aveva già diretta a teatro nel ’96 in Master class, su Maria Callas: ritrovarlo è stata una grande gioia, è un maestro. E un uomo appassionato, si butta nei film con entusiasmo, quasi fosse un principiante: non impone, chiede partecipazione”.

Lei impersona “la Marchesa”.
“Una signora fuori dalla realtà, pazza per il cane (ride): gli riserva ogni suo sentimento. Un atteggiamento non inverosimile, se pure Papa Francesco ha ammonito chi tratta gli animali da figli. Il Papa ha ragione, eppure… C’è una vecchia battuta: “Più conosco gli uomini, più amo il mio cane”. In passato ho avuto sia cani sia gatti: li adoro perché non hanno la testa imbottita di quel che il conformismo impone. Il mio preferito è però il lupo. Voglio incontrare Francesco per farglielo apprezzare”.

Il lupo?
”Rappresenta l’animale puro, non si è mai lasciato addomesticare e, per questo, è sempre stato considerato un nemico: nei racconti, nelle fiabe… Quasi che proiettassimo su di lui qualsiasi demone che abbiamo dentro, come con Dracula”.

[…] La passione per la recitazione a quando risale?
“Da ragazza, quando vivevo a Montecarlo e andavo spesso all’opera lirica, ripetevo a mio fratello: “Un giorno sarò dall’altra parte del sipario!”. E lui: “Sei stupida!”. (ride) Finito il liceo, ho comunicato ai miei che intendevo diventare attrice teatrale (mai immaginato il cinema). E loro: “Bah, intanto l’università”. Per accontentarli (li amavo tanto!), mi sono iscritta a Scienze politiche ad Aix-en-Provence e appena terminato – buuuum! – a Parigi! La laurea era un passaporto per la libertà”.

[…] Cosa l’ha spinta verso questo mestiere?
“Una forza oscura. O, forse, l’amore per la parola: ho letto parecchio da giovane e ho capito che la bellezza va condivisa con un pubblico, non serbata per sé”.

Fanny Ardant: “The Palace? Nessun dubbio su Polanski”

[…] Ma lei non ha mai paura?
“Mai. Ho capito che la paura è il peggior avversario. Sono fatalista: che sarà, sarà. I dolori, le sofferenze, gli abbandoni, il senso di mancanza… Certo, arrivano! Però bon, fa parte dell’esistenza. Altrimenti è tutto uguale. Piatto”.

Quando ha conquistato questa consapevolezza?
“Stranamente già da giovanissima, all’epoca dell’università. Ero molto politicizzata e, se volevi partecipare pienamente all’avventura della vita, non dovevi temere”.

[…] il suo italiano è perfetto.
“Quando sono venuta qui per lavorare, ho incontrato Ettore Scola, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman ed ero affascinata da come parlavano bene il francese. Mi è parso meraviglioso poter parlare la lingua d’un Paese che ami. E mi sono buttata, non temendo goffaggini, errori”.

Qui ha girato La famiglia, ma è stata La signora della porta accanto, la Callas… C’è un fil rouge fra i suoi personaggi, tanti e tanto diversi?
“Sono donne appassionate, mai fredde né ciniche, né interessate al potere. Donne che si sono perse per amore, che hanno esagerato, che forse – per ansia di vita – hanno anche sbagliato”.

A proposito di esagerazione: ha ben otto film in uscita.
“È stata una buona annata, come si dice del vino. Le vin, le vin…”.

Quello cui tiene particolarmente?
“Completamente bruciato! E non valuto in base al risultato: per me conta solo il momento presente, l’allegria sul set, e recitare con John Malkovich dà felicità: è intelligente, ironico ma, dopo il ciak, ti fa dimenticare la macchina da presa, un po’ tipo Gérard Depardieu. Come uno che ti invita a ballare…”.

[…] Con che criterio risponde sì o no alle proposte?
“Mi viene più facile spiegare il “no”: ha a che vedere con la razionalità. La molla del “sì”, invece, è misteriosa. Da questo punto di vista non sono “professionale”: non sono mai ragioni professionali quelle per cui accetto”.

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