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Alberto Castagna, la figlia: “Papà malato fingeva di stare bene. Affettuoso e presente, aveva solo un timore”

Alberto Castagna, la figlia: “Papà malato fingeva di stare bene. Affettuoso e presente, aveva solo un timore”. Alberto Castagna, la figlia Carolina, 31 anni, medico, l’unica del giornalista e conduttore di Stranamore, parla del padre scomparso nel 2005 a 59 anni, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Che padre era, Alberto?
«Per spiegarlo non basterebbe un libro. Complicatissimo. Affettuoso e presente, ma anche molto ragazzino, impaurito dall’idea di essere genitore. A volte, tra noi due, l’adulta ero io. Era già malato, i dottori gli avevano dato la lista degli alimenti che non poteva mangiare. Tipo le pesche, che contenendo molto potassio gli alteravano l’equilibrio degli elettroliti ed era un guaio. Lo beccai in cucina a mangiarle di nascosto. Oppure si chiudeva in bagno a fumare e prima di uscire spruzzava in aria il patchouli. Se lo rimproveravo, sospirava: “Non ho una figlia, ma una badante”. La bacchettona di famiglia, fissata con le regole, sono sempre stata io. Mamma (la dermatologa Pucci Romano) lo copriva. Erano già separati. In coppia erano un match terribile, da amici e genitori invece fantastici. Si scambiavano le ricette delle polpette: “Però sono meglio le mie”».

I vostri momenti felici.
«La mattina presto, seduto su una spiaggina in riva al mare, con me in braccio, mi insegnava le correnti, i venti, le maree. Mi interrogava: “C’è libeccio o maestrale? Si può uscire in barca?”. Voleva che diventassi un bravo mozzo. Due anni fa ho preso la patente nautica, sarebbe contento».

Severo o pezzo di pane?
«Buonissimo, a livelli imbarazzanti. Pur di accontentarmi mi avrebbe concesso qualsiasi cosa e non parlo per forza di regali. Una sera gli dissi, dal nulla: “Vorrei andare a cavallo”. Il giorno dopo mi portò al maneggio. Mi aveva preso tutta l’attrezzatura. Dopo un po’ mi scocciai: “Voglio scendere, non mi piace”. E andammo a giocare a bowling».

Alberto Castagna, la figlia: “Malattia? Di colpo era sparito, mia mamma mi raccontò la verità”

[…] Tanti gli amici celebri.
«Fabrizio Frizzi, Maurizio Costanzo e Maria De Filippi, Pippo Baudo. Papà aveva delle tastiere, con zio Pasquale organizzava serate infinite al karaoke. Cantavano tutti in coro, sì anche Pippo e Maurizio. Una sera venne a suonare Umberto Smaila. Ci sono rimasti vicini anche dopo».

La malattia improvvisa.
«Di colpo era sparito. Mamma fu molto onesta. Mi spiegò che non stava bene e che non sarebbe tornato per molto tempo. Che era ricoverato in terapia intensiva, con tanti tubi intorno. Un giorno, in classe, annunciai che era morto. La scuola chiamò subito casa. Non era vero. Mia madre capì che avevo bisogno di vederlo. Smosse mari e monti e ottenne di farmi entrare da lui. Mi vestirono con camice, cuffietta e salvascarpe, mi stava tutto largo. Sembravo il piccolo chimico».

E quando l’ha visto?
«Mi sono spaventata. Soprattutto perché non aveva più i baffi, glieli avevano tagliati, non lo avevo mai visto così. “Senza baffi sembro una melanzana”. Era comunque lui. Dormiva. Mamma mi spiegò che non saremmo potute tornare tutti i giorni. “Gli puoi mandare dei disegni”. “No, lo so cosa desidera papà. Le mie barzellette registrate”. Un nostro gioco. Gli preparai una cassetta. Un giorno poi mi disse che sì, le aveva sentite, non so se fosse vero».

Alberto Castagna, la figlia: “Papà malato fingeva di stare bene”

Il ritorno a casa.
«Ho capito quanto fosse fragile. Era magrissimo. I nostri abbracci spigolosi. Dovevo proteggerlo. Ero contenta che fosse di nuovo con noi, ma non era più la stessa persona. Diventai più ansiosa, meno bambina. Costretta a crescere in fretta. Fingeva di stare bene. “Sono l’uomo più forte del mondo”. Avrei preferito che non dicesse bugie, che mostrasse la sua debolezza, ma ognuno in certi momenti fa il meglio che può».

Sette anni dopo.
«Mamma rientrò in lacrime e mi disse che papà non c’era più. Era un martedì. Fino al giorno prima stava bene. Avevamo passato il pomeriggio insieme, mi aveva comprato il cd di Beyoncé. Quando, due anni fa, ho perso anche Stefano, il secondo marito di mia madre, è stata dura. Piaceva moltissimo anche a papà: “Se dovessi lasciarti, so che con lui sei in buone mani”. Da loro ho imparato che più ci si vuole bene tutti quanti e meglio è».

Il vuoto.
«Mi mancava tanto, piangevo. Ero arrabbiata. Avrei voluto più giorni con lui. “Non mi è bastato”. Dopo ho capito che, anche se lo perdi a 80 anni, il tempo passato con un genitore non ti basta mai».

L’ultimo ricordo.
«Poco prima che morisse. Ero appena diventata “signorina”, stavo da lui, ma papà fu preso dal panico. Mamma al telefono gli raccomandò di andarmi a prendere il necessario in farmacia, lui si vergognava. “Pucci, però il discorsetto dopo glielo fai tu, eh”. Uscì ma tornò a mani vuote. A parte un cd di Tiziano Ferro».

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