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Miriam Leone: “Maternità? Oggi ho cambiato idea. Sono stata in analisi, la metterei come materia obbligatoria nelle scuole”

Miriam Leone: “Maternità? Oggi ho cambiato idea. Sono stata in analisi, la metterei come materia obbligatoria nelle scuole”. Miriam Leone sulla maternità è non solo, la bellissima attrice siciliana, 38 anni, parla della sua gravidanza (è al quarto mese) in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Che cosa le ha fatto cambiare idea sulla maternità?
«Semplicemente la vita, le cose che accadono. Noi siamo un fiume che non passa mai due volte nello stesso punto. Forse essere più in pace con la mia femminilità mi ha aiutata. Forse aver cambiato il mio modo di lottare anche. Per tutta la vita ho lottato per la mia indipendenza e per raggiungerla ho dovuto usare la mia energia femminile, ma anche quella maschile. Poi, quando ho cambiato questo approccio, quando sono stata più in pace con me stessa, ho apprezzato di più il mio essere donna».

Quando dice che ha lottato, parla della sua carriera?
«Io ho voluto realizzare la mia carriera perché è stato un modo per realizzare la mia persona. Ho avuto bisogno di generare me stessa prima di poter generare qualcun altro. In mezzo alla confusione della mia vita fatta di frammenti di passioni, strade, viaggi, oggi mi sento una nuova me. E, in quest’inizio di gestazione, sto nascendo anche io. Sono contenta di avere l’opportunità di conoscere questa nuova Miriam, ma continuo a pensare che non sia il compimento di una vita. Sono davvero felicissima, questo è un figlio desiderato, ed ero felice anche prima, in un modo diverso. Per questo sono convinta che una donna deve essere tutelata sempre nel suo diritto di avere o non avere un figlio. Ogni storia riguardo alla maternità può nascondere una gioia, una sofferenza, o una pacifica indifferenza. Nessuno lo sa e nessuno ha il diritto di dire che cosa è giusto e che cosa sbagliato».

Miriam Leone: “Maternità? Oggi ho cambiato idea”

[…] Perché ha deciso di condividere questa notizia con la gente?
«Perché credo che molte persone saranno contente per me. È un gesto di gratitudine, un pezzo di quello scambio gentile che ho con chi mi segue. Molte persone mi scrivono come fossero persone di famiglia. E ho scelto di farlo con Vanity perché mi avete seguita in tante fasi della vita».

L’hanno data per incinta almeno un paio di altre volte.
«Sì, qualche volta che avevo appena mangiato oppure avevo un vestito particolarmente stretto. Io, sono onesta, non ci vedo niente di male nel fatto che la gente sogni queste cose. C’è chi sogna perché un figlio l’ha già avuto, chi perché non ce l’ha e poi c’è anche un sacco di gente a cui non frega proprio niente. Però quell’intervista che menzionava prima l’ho fatta anche a scopo educativo. Per dire: certe cose non ce le dovete chiedere. La maternità è una scelta personale che spesso non è nemmeno una scelta. E io non mi devo giustificare del volere dei figli o del non volerne avere. Del poterne avere o del non poterne. È una domanda che era naturale fino a cinquanta o sessanta anni fa, quando le donne erano relegate a quel ruolo lì. Adesso non è più così e questo va spiegato. Perché ci sono persone che ti fanno in modo innocente domande che non sono innocenti, e glielo va detto con gentilezza che certe curiosità sono decadute».

“Il Medioevo è dentro di noi”

[…] Sono tempi violenti, invece.
«Il Medioevo è dentro di noi, e non va mai fomentato. Chi sta ai vertici ha una responsabilità che si chiama esempio. Il dovere di un linguaggio che sia accogliente, che abbracci le diversità, che sia di perdono. Chiunque abbia una cassa di risonanza deve ricordarsi che la nota che suona deve avere un’armonia. Bisogna pensarci bene prima di diffondere l’odio e la violenza. Lo so sembra un discorso da Miss Italia, ma lo sono stata».

[…] Come si accorge quando qualcosa non va bene per lei?
«Io, come primo istinto, penso che niente vada bene per me. Di non essere all’altezza. Una voce dentro mi dice: “Non potevi lasciar perdere? Stare a casa?”. Una voce, fuori di me, la mia voce, chiede spesso alle produzioni: “Ma siete sicuri di volere proprio me”?».

Si chiama sindrome dell’impostore.
«Sì, ce l’ho un po’. Poi però vado avanti e, alla fine, sono contenta di non avere ascoltato le mie paure. Il rischio un po’ mi paralizza, ma anche mi elettrizza. A volte mi chiedo perché non ho scelto una vita più tranquilla».

“Sono stata in analisi, la metterei come materia obbligatoria nelle scuole”

Che cosa avrebbe fatto in una vita più tranquilla?
«La stilista, ma non sarebbe stata una vita tranquilla nemmeno così. Oppure la costumista. O l’imprenditrice, cosa che ho anche iniziato a fare con il mio brand di skincare, Lavika, e mi piace tantissimo. La vita è così: pensi di non saper nuotare e poi ti butti e non usciresti più dall’acqua. È la potenza della passione. Però non è facile distinguere una vera passione da un innamoramento momentaneo».

Lei ha un metodo?
«È come in amore: riesci a farlo quando capisci chi sei tu. Ma è un viaggio, perché non nasciamo con il libretto delle istruzioni. È più difficile che montare un mobile Ikea. Ma a un certo punto capisci che certi muri possono essere scale e altri rimarranno solo prigioni. A me, a capirlo, ha aiutato l’analisi, che io metterei come materia obbligatoria nelle scuole. Ti dà chiavi piccolissime che aprono serrature minuscole che nemmeno vedi a occhio nudo, ma se le apri, ti cambia tutto».

Quanto è stata in analisi?
«Qualche anno. Poi ho interrotto per il lavoro. Ma ho appena scritto alla mia psicologa per chiederle un appuntamento a settembre. Mi fa piacere raccontarlo perché vedo che prendersi cura della propria salute mentale per molti è ancora un tabù: sopravvive quell’idea per cui le debolezze vadano nascoste. Invece io credo che sia giusto mostrarle».

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