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Harrison Ford: “Indiana Jones vecchio? C’è un motivo. La seconda parte del film è più importante”

Harrison Ford: “Indiana Jones vecchio? C’è un motivo. La seconda parte del film è più importante”. Harrison Ford su Indiana Jones e non dolo, l’attore statunitense, 81 anni, parla dell’ultimo episodio della saga in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Partendo dagli anni ’40 con la sfida, mai archiviata, tra Indy e i nazisti, e arrivando al 1969 quando lei, invecchiato e stanco, di malavoglia, prova a trasmettere un po’ di conoscenza a una platea di studenti disinteressati…
“Per un avventuriero come lui insegnare è un lavoro molto meno eccitante di quello cui è abituato. Personalmente do un grande valore all’insegnamento, ma un’aula universitaria non è proprio il posto per lui. Ai suoi studenti non interessa nulla del passato, sono interessati solo al proprio futuro. Non capiscono che il loro futuro è costruito sul nostro passato. Ma il senso e il valore emotivo dei primi 20 minuti del film, che raccontano il passato di Indy, ma anche quello dell’Europa, non sta nella nostalgia.

Non mi interessava mostrarmi ancora giovane a scattante. Mi interessava visitare un mondo che era in bianco e nero. I nazisti non sono la mia gente, non c’era bisogno di ammirare uomini così nel 1940 e ce n’è ancora meno oggi che abbiamo la lezione della Storia dalla nostra parte. Perché quel male va combattuto sempre. C’è una fottuta guerra a 400 miglia da qui (Harrison Ford è secondo solo a Colin Farrell per l’abbondante uso di “fuck” durante le interviste, ndr). È pura follia, non possiamo vivere così. Questo pianeta merita di più. Ma sto divagando…

La seconda parte del film è ugualmente importante, anzi persino di più. Il mondo non è più in bianco e nero, ci sono molte sfumature di grigio, magari non sono 50 (sorride della sua battuta, quel famoso sorriso asimmetrico, ndr), ma almeno una dozzina le dobbiamo considerare. Non possiamo procedere in questi tempi complicati senza una guida morale”.

Se Indiana Jones ha resistito alla prova del tempo è in parte proprio perché di lui non si può dire che sia un esempio di morale. Ma quello che lo ha reso irresistibile è la sua incessante ricerca di conoscenza, il desiderio di capire da dove veniamo. Quanto importante è per lei?
“Tutto quello che non è “cinetico” nel film (su 2 ore e 34, più della metà è occupato da scene d’azione, ndr) è molto importante per me. Non ho 40 anni, il mio corpo non ce la fa più e il mondo non mi presenta più quelle opportunità. Indy deve confrontarsi col fatto che tutto intorno a lui è cambiato, suo figlio è morto, sua moglie l’ha lasciato, c’è il rock’n’roll, un’altra era ha fatto il suo ingresso e lui si trova in una nuova fase della vita. L’America è andata nello spazio e i nemici di un tempo, i nazisti, sono diventati amici. È un mondo che non capisce più, ma vorrebbe ancora provarci”.

Ha mai pensato che questa storia sarebbe durata quarant’anni?
“Non penso mai in questo modo, siete voi giornalisti a farlo. Io voglio solo arrivare alla fine della giornata, conservando il rispetto per me stesso se possibile. Di solito questo accade quando c’è una connessione forte col regista. Sono stato fortunato, perché ho lavorato con la vecchia scuola e con la nuova. Sono andato all’asilo e all’università con dei giganti, nel frattempo il mondo cambiava e ora c’è una nuova generazione di gente di talento. La storia della mia carriera è stata sempre: quanto c’è da imparare? E chi sono gli insegnanti? E come l’esperienza mi cambierà? Ogni volta mi sono reinventato, ogni volta ho riorganizzato le mie ambizioni”.

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