Biagio Antonacci: “Sanremo? Non ci vado per un motivo. Io carabiniere ho fermato Ron, così è iniziato tutto”. Biagio Antonacci su Sanremo e non solo, il cantautore milanese, 59 anni, si racconta ripercorrendo le tappe più significative della sua vita in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] Che infanzia è stata la sua?
«La vita era in cortile, ma i sogni erano più grandi dei palazzi, più potenti di quello che ci circondava. Io non volevo diventare un cantante, sognavo di fare il batterista. Compravo cassette pirata alla fiera di Sinigaglia, lì c’erano i nostri spacciatori di sogni, nel quartiere invece gli spacciatori di tutt’altro. Io sapevo che la musica sarebbe stata la mia grande salvezza e il mio grande rifugio. Il rifugio dalla timidezza e dall’incomprensione, perché la musica è la protezione da qualcosa che non potrei affrontare da solo se non scrivessi canzoni».
[…] Da chi ha ereditato questa passione?
«Sono autodidatta, mai studiato musica. Fino a 10 anni ascoltavo solo Julio Iglesias in tutte le lingue. Era geniale, mi sono innamorato di lui, aveva una voce che portava serenità in famiglia: quando sentivo i miei che litigavano, gridavano e discutevano, io mettevo le sue canzoni e tutto finiva».
Gli spacciatori di tutt’altro non sono mai stati una tentazione?
«Avevo un padre che mi terrorizzava, mi metteva ansia solo all’idea di avvicinarmi alle droghe. Avevo 15 anni e c’erano quelli che si facevano le canne, giravano le prime metanfetamine, era pieno di eroinomani, spuntavano i primi casi di Aids. Per l’Aids ho perso due amici. Ad Adriano ho dedicato una canzone, Dove il cielo è più sereno».
[…] La prima svolta è stata come «stalker» di Ron.
«Facevo il servizio di leva come carabiniere e fui mandato a Garlasco dove sapevo che viveva Ron. Un giorno lo vidi in macchina e lo fermammo con il mio collega che gli spiegò che io volevo fare il cantante. Ron mi disse di portare le mie canzoni a sua madre e io mi presentai da lei, a casa Cellamare, con la cassetta e un mazzo di fiori perché mio padre mi ha sempre insegnato che se ti presenti da qualche parte non devi andarci mai a mani vuote. Ron mi chiamò, mi disse che avevo talento e produsse il mio primo album».
Biagio Antonacci: “Sanremo? Non ci vado per un motivo”
[…] Il rischio del successo è l’ipertrofia dell’ego: ci è cascato?
«Quando la gente ti ferma per strada, quando le ragazze piangono al solo vederti, diventa tutto assurdo. Per tre/quattro anni ho faticato a contenere l’ego, ho avuto la tentazione di pensare di esser il migliore. Mi ero montato la testa, ero stronzo con me stesso, mi sentivo superiore, sentivo che qualcuno dovesse restituirmi quello che non avevo avuto durante la gavetta, ma era una grande cazzata. Poi con la paternità e la famiglia, torni a camminare con i piedi per terra».
Non aiuta avere gente intorno che dice sempre sì, che compiace…
«Sì. C’è tanta gente che ti lecca il culo, ma vale anche per i parenti. Quando diventi famoso tutti si fanno vivi, sei più simpatico a tutti».
[…] Come l’ha presa «Vorrei cantare come Biagio» di Cristicchi?
«All’epoca lui faceva pianobar e venne a chiedermi il permesso a un concerto a Roma. Gli dissi: se vai sul palco stasera davanti a ottomila persone potrai farla. Da quel momento non ho più sentito da parte sua un gesto carino, per una canzone che è tuttora il suo piu grande successo. Io vivo di gesti, di empatia umana, il riconoscimento che sta in una parola: uno deve dire grazie sempre. Io poi esagero, dico sempre grazie a chiunque, anche a sproposito».
Con il Festival di Sanremo ha avuto un rapporto deludente…
«Una parte di me dice: fa’ una canzone bella e vai. Un’altra dice: lascia stare, devi essere giudicato, entri in una classifica… Fino a poco tempo fa non avevo dubbi: non sarei mai andato in gara. Oggi, con il lavoro di Amadeus, ti viene voglia di fare un tuffo anche se l’acqua è fredda. È il giudizio mediatico che mi frena. Ai tuoi concerti puoi anche essere al 75% e la sfanghi; lì hai 4 minuti in cui devi essere perfetto. O al massimo un imperfetto figo. Se sei il boomer imperfetto fai una figura di merda».
Che rapporto ha con i sensi di colpa?
«Un dramma. L’educazione cattolica ha rovinato la genuinità dell’essere umano, abbiamo abbandonato l’istinto. Il senso di colpa non ti fa mai sentire libero, stai sempre a chiederti: mi merito questa libertà? Bisogna essere liberi, tornare nella foresta, camminare per cercare cibo, amore, cercare la verità. Il senso di colpa ti toglie tutto questo».
Il suo più grande senso di colpa?
«Quando ho deciso di non vivere più nella stessa casa con la madre dei miei primi due figli (Marianna Morandi, figlia di Gianni, ndr). Provavo un grande senso di colpa per i figli. A volte chi rimane male non rema a favore, ma poi il tempo vince, l’amore vince».
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