Malcolm McDowell: “Kubrick mi ha imbrogliato. Sul set era ossessionato. Scena stupro? Kelly mi tolse il saluto”. Malcolm McDowell sy Kubrick e non solo, l’attore britannico, 80 anni, parla di Arancia Meccanica, il film che ha segnato la sua vita a cinquant’anni dall’uscita nelle sale, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Con Kubrick, McDowell ha avuto un rapporto «controverso». Controverso perché?
«Quando litigavamo volavano parolacce tra noi. Aveva delle richieste maniacali, delle vere ossessioni sul set. Sono stato fregato, ero un giovane attore che ha dovuto promuovere gratuitamente il film. Stanley mi ha imbrogliato, facendomi firmare una carta in cui c’era scritto che avrei rinunciato al 2,5 percento degli incassi. All’anteprima, sui credits, vedevo il suo nome dappertutto, Kubrick di qua, Kubrick di là, tanto che mi chiesi stupefatto, ehi, non c’è nessun altro che ha fatto questo film?».
Come le parlò di Alex?
«Anzitutto mi parlò dell’interpretazione. La voleva con uno stile esagerato, essendo senza morale avrei dovuto renderlo simpatico. La stampa liberal, come il New York Times, ci accusò di essere fascisti, di aver reso divertente il mio personaggio».
Malcolm McDowell: “Kubrick mi ha imbrogliato”
Ci sono scene che restano incollate, Alex che irrompe con i drughi in casa dello scrittore e di sua moglie.
«Non riuscivano a venire a capo della scena dello stupro alla donna e della violenza al marito. Io aspettavo di capire come avremmo dovuto girarla. Dopo cinque giorni Stanley mi chiese a bruciapelo: Can you dance?, Sai ballare? No, gli risposi, ma cominciai a muovermi canticchiando Singin’ in the rain (Cantando sotto la pioggia). Il film di Gene Kelly mi diede una specie di strana euforia, cantavo in modo naturale. Stanley fece un gesto come a dire, abbiamo trovato la quadra. Un anno dopo l’uscita, a Los Angeles, mi invitarono a una festa con la vecchia Hollywood. C’era anche Gene Kelly, lui girò i tacchi e se ne andò senza darmi la mano. All’amico che me lo aveva presentato dissi, devo chiedergli scusa di qualcosa? No, rispose, solo che gli hai rovinato la scena più famosa della sua carriera, sporcando il suo ballo gaio e festoso. Okay, dissi, però in Arancia meccanica funzionava».
Altri aneddoti così belli?
«La scena sul letto d’ospedale, quando il ministro degli Interni accorre per vedere i miei progressi dalla folle violenza di cui ero stato prigioniero, e vuole imboccarmi…Stanley era ansioso, stava sulle spine. Io per velocizzare le cose pensai di aprire meccanicamente la bocca, di spalancarla in maniera ossessiva mentre mi davano da mangiare pezzi di bistecca uno dopo l‘altro. Stanley rideva, io masticavo, e ho capito che non avrebbe seguito la sceneggiatura in quella scena».
[…] Ottant’anni: bilancio?
«Sono soddisfatto perché non ho mai voluto fare film di cassetta che portassero dollaroni, anche se ho partecipato a Star Trek e ho avuto l’onore di uccidere Kirk, così ce ne siamo liberati. La vita di un attore è fatta di alti e bassi e dopo che mi separai da mia moglie non volli tornare in Inghilterra perché i nostri figli erano piccoli, sono rimasto in USA per fare il papà. Gli Anni 80 non sono buoni per me. Gli attori sono falsi idoli, magari ti attaccano per colpe non tue, se un attore dà una buona prova in un brutto film nessuno lo capisce».
Sogni?
«Ne avevo uno, lo sto realizzando. Non avevo ancora mai girato un film western, esperienza che qualunque attore prima o poi deve fare. In The Last Train to Fortune sono un maestro elementare caduto in disgrazia, viene espulso dalla scuola in Inghilterra e va in USA, prende un treno ma perde la coincidenza e si ritrova in un capannone abbandonato in mezzo al nulla dove incontra un cowboy armato che si offre di accompagnarlo nel suo viaggio. Poi vorrei fare un film sui vampiri».
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