Serena Ionta si racconta: “Ukulele un colpo di fulmine, la svolta su Instagram. E quella bocciatura…”. Serena Ionta si racconta, la cantante e ukulelista di Latina, 29 anni, ripercorre le tappe più significative della sua vita vita professionale in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
“Serepocaiontas”.
«Me l’affibbiarono i compagni del liceo, l’ho conservato come nome d’arte»
Cos’altro c’era che non sapeva dell’ukulele?
“Nasce dall’adattamento del cavaquinho portoghese. Iil musicista più famoso è stato l’hawaiano Israel Kamakawiwo’ole. Nel 2013 Violetta Zironi l’aveva introdotto a X Factor e il primo a portarlo sul palco di Sanremo fu Rino Gaetano nel 1978 con Gianna. Lui usava l’ukulele soprano, io preferisco il tenore (le categorie sono sei: sopranino, soprano, concerto, tenore, baritono, basso, ndr). In conclusione, avevo ben poche conoscenze…”.
Ma allora da dove arriva questa scelta piuttosto originale?
“Da un colpo di fulmine. L’ho visto nella vetrina di un negozio sei-sette anni fa, proprio quando cercavo uno strumento “gioioso” che mi tenesse compagnia: mi ero trasferita da Latina per studiare alla Bocconi e soffrivo un po’ di solitudine. Era accessibile per il prezzo (bastano 60-70 euro per uno buono), super portatile (lo infili nello zaino), abbastanza immediato: in una sola settimana avevo imparato due-tre motivi”.
Ma aveva studiato musica in precedenza.
“Sì. Ho iniziato a sette anni con la chitarra classica, a 14 i miei mi hanno proposto di scegliere tra motorino e pianoforte, e… nessun dubbio: il piano. A 15, mi sono dedicata al canto, all’inizio pop (Elisa e Giorgia le mie predilette), dopo jazz. D’estate frequentavo seminari con il fidanzato di allora, un sassofonista. Ho sempre voluto fare la cantante”.
[…] Ricorda il primo?
“Certo! Quell’alberello laggiù, dedicata a una pianta solitaria nel giardino delle elementari. Una cosa tristissima, si intuiva che la mia cifra sarebbe stata la malinconia (ride)! Ero appassionatissima di Dido e mi sforzavo di imitarla in inglese. Ma quanti pomeriggi passati a cantare Tiziano Ferro, che è di Latina come me. Neppure la delusione mi fermò”.
Quale delusione?
“Una specie di provino – avrò avuto sette anni – per il coro della chiesa. In fila, dovevamo esibirci in qualche strofa di Ti ringrazio mio Signore. Giunto il mio turno, la maestra – cattivissima! – concluse: “No, voce troppo standard!”. Standard?!? Chissà, forse è stato il desiderio di riscatto a spingermi a perseverare. E comunque non mi lascio abbattere, il mio mantra è: “todo bien”, va tutto bene. Me lo ripeto pure quando le cose sono storte, quando mi assale l’ansia da prestazione”.
Serena Ionta si racconta: “Ukulele è stato un colpo di fulmine”
Se aveva chiaro l’obiettivo, perché la Bocconi?
“Eh, bella domanda! Probabilmente dentro di me sentivo che dovevo aggiungere qualcosa alla passione… Un ragazzo di Latina mi aveva consigliato il corso di Economia e management per arte, cultura e comunicazione, spiegandomi che c’erano insegnamenti interessanti come music business, seminari con artisti. Mi sono iscritta (in contemporanea mi sono iscritta anche a canto jazz al Conservatorio): ho frequentato sia la triennale sia il biennio. Sull’università ho composto persino un brano, L’economistico. Il ritornello era: “Perché non sono come te, che per addormentarti ti rilassi con L’Economist””.
[…] Il grande salto?
“Ecco, questo è stato l’unico risvolto positivo di una tragedia quale la pandemia: avendo tante ore a disposizione, ho creato un sacco di contenuti e ho avuto modo di valutare quali funzionassero. Ho potuto – come si usa in gergo “markettaro”- “abitestarli”, fare gli abitest”.
[…] La prima?
“Pieraccioni mi ha contattato tramite Instagram: “Mi piacerebbe avere la tua voce nel mio film, c’è anche una breve scena da girare sul lago di Lugano, sarai una suonatrice di strada”. E su Instagram mi ha rintracciata Walter Veltroni proponendomi una versione di Azzurro per i titoli di coda del documentario. È stato tutto bello”.
Però, i boomer ci danno dentro coi social!
“Nel frattempo Fiorello mi aveva visto sui social (appunto) di Pieraccioni, era diventato mio follower: non riuscivo a crederci, un idolo di gioventù mi seguiva! Il suo show Stasera pago io per me significa serate in famiglia, il più piacevole appuntamento della settimana”.
E Muccino?
“Stessa storia: mi ha contattato su Instagram. Nella sua serie mi ha affidato sei cover (Ma l’amore no, What a Wonderful World, Creep, Tonight You Belong to Me, Amazing Grace, Can’t Help Falling in Love, ndr): le vicende raccontate sono dure, cercava una musica “delicata” che funzionasse da contrasto”.
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