Marina Cicogna: “Il mondo del cinema c’è stato contro. Malattia? Agisce sulla psiche e cambia i valori dele cose”. Marina Cicogna sul mondo del cinema e non solo, la produttrice cinematografica romana, 88 anni, si racconta tra film e amori in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Ha una malattia, «quella» malattia di cui parla nella autobiografia (scritta con Sara D’Ascenzo del Corriere del Veneto) in uscita per Marsilio, intitolata Ancora spero. Perché questo titolo?
«Era il motto di casa Cicogna dal ’400, è sempre complicato sceglierne uno, e questo non è pomposo. Il libro è una storia tagliata in due. Fino a 84 anni avevo una vita regolare, sciavo ancora abbastanza bene, da un giorno all’altro quasi non mi potevo più muovere. La malattia è noiosa, agisce sulla psiche e cambia i valori dele cose, di quello che avevi voglia di fare non ti frega più niente».
[…] Che cinema ha sostenuto?
«Mai quello molto popolare, e nemmeno i grandi registi. Fellini e Visconti, con cui ero imparentata alla lontana, mettevano in ginocchio i produttori. I miei erano film di artisti che erano anche scrittori, come Patroni Griffi. In buona parte rispecchiavano la mia libertà. In Helga per la prima volta si vedeva un parto. Avrei potuto fare di più, ho lavorato nel decennio dei 70, poi tornai dagli Usa e in Italia andavano solo filmetti comici. Ci fu la tragedia del suicidio di mio fratello Bino, e per i debiti lasciati mia madre dovette vendere tutto. Il mondo del cinema c’è stato contro».
Marina Cicogna: “Il mondo del cinema c’è stato contro”
Era dura per una donna?
«Sì, ti facevano le scarpe lisciandoti il pelo. C’ero solo io e dopo, come distributrice, Vania Traxler. L’ambiente era maschilista. Non riuscii a produrre Il conformista neanche spaccandomi la testa, e lo stesso per Il portiere di notte di Liliana Cavani, che è molto riservata, non così popolare. Al direttore artistico della Mostra di Venezia Alberto Barbera ho detto che non ha avuto quello che merita e sono contenta che le daranno il Leone alla carriera. Il suo film su Galileo è un capolavoro. Liliana aveva esigenze intellettuali che non erano previste, in passato, per una donna».
Capitolo Oscar.
«Mio padre, che era un ingegnere estraneo al cinema, prese l’Oscar per aver prodotto Ladri di biciclette e io per Indagine diretto da Elio Petri, con Volonté che divenne stranamente mio amico. Un commissario omicida. L’anno prima c’era stata la strage di piazza Fontana. Avrai tutti addosso, mi dissero. Zeffirelli mi accusò di aver prodotto un film comunista. A Cannes mi diedero il premio alla giuria, non la Palma d’oro. Così non andai agli Oscar, convinta che non l’avrei preso. Invece…».
Com’erano i grandi che ha conosciuto?
«Marilyn Monroe era attratta da qualunque cosa fosse italiana, di lì a poco sposò Joe Di Maggio, comunicava insicurezza per la ricerca del suo personaggio, sul set faceva impazzire i registi, dove devo mettere il dito, e la gamba? Marlon Brando se ne stava in disparte, silenzioso, misterioso. Greta Garbo, con cui sono stata in crociera in Costa Azzurra con Onassis, era simpatica, divertente, tutto l’opposto della serietà di cui si diceva. Accanto a una spiaggia di nudisti mi disse: quel signore mi sembra nudo, ma è tanti anni che non vedo un uomo nudo, forse mi sbaglio. Ma non faremo l’elenco, vero?».
Marina Cicogna: “Malattia? Agisce sulla psiche e cambia i valori dele cose”
[…] Ha avuto un flirt con Alain Delon ed è stata per 20 anni con Florinda Bolkan.
«Alain a Megève lasciò sotto la porta di una stanza d’hotel che condividevo con Ljuba Rizzoli, bellissima, un biglietto: ti aspetto nella camera 104. Mancava il destinatario. Strappai il biglietto dalle mani di Ljuba e mi precipitai io. Ero la ragazzina invaghita di un mito, galleggiai sospesa in un’altra dimensione per qualche settimana. Florinda, la conobbi a Parigi a casa di Elsa Martinelli e Willy Rizzo. Lei era appena tornata da una vacanza a casa Kennedy. La trovavo molto speciale, solare, libera, disinibita, fisico asciutto, sorriso infantile, aspetto un po’ androgino. Era stata executive hostess della compagnia aerea Varig, accompagnava i passeggeri più famosi. Ci siamo conosciute poco a poco. Alle sue scappatelle davo poco peso, ma si rifiutava di accettare la mia con Benedetta, che dovette nascondersi in un armadio, tra i miei vestiti. Ci vivo da quasi 40 anni».
[…] La sua vita è il copione di un film.
«Il produttore di Via col vento, David O. Selznick, chiese a mia madre di potermi adottare. La mia gioventù è stata un periodo irripetibile».
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