Giancarlo Giannini: “Io napoletano? Lo pensano tutti per un motivo. Amato negli Usa ma in Italia…”. Giancarlo Giannini napoletano? L’attore 80enne si racconta dopo aver ottenuto la prestigiosa stella sulla Walk of Fame a Hollywood. Di seguito alcuni passaggi dell’intervista rilasciata a ‘Il Corriere della Sera’.
«E’ il mio premio più importante, più di un Oscar perché corona una vita, anche se di premi alla carriera ne ho una trentina. Parlare di me mi mette a disagio. Mi piace vivere in solitudine, leggere, fare lavori manuali, il muratore, l’idraulico, l’elettricista».
[…] Solo due attori italiani hanno la stella a Hollywood.
«Io e Rodolfo Valentino. E’ stata una iniziativa di Tiziana Rocca per Filming Italy Los Angeles. Mastroianni avrebbe dovute averne cinque, ma lui ha l’impronta delle mani nel cemento, che io non ho».
[…] Le altre stelle italiane sono tre grandi donne.
«Con la Lollobrigida non ho mai lavorato, ma l’ho incontrata a un premio ed era spiritosa e lucida, al contrario di quello che si è detto. con Anna Magnani e Sophia Loren, sì. Ricordo Anna, nella Lupa di Zeffirelli, in scena quando era spalle al pubblico mi raccontava le barzellette. Gli artisti sono fatti così. Sophia mi chiese di accompagnarla dal parrucchiere, a Castiglioncello le chiesero quale taglio, quello della Magnani».
A chi ha dedicato la stella?
«A Lina Wertmuller. Senza di lei non staremmo ora qui a parlare. Mi propose il remake di Travolti da un insolito destino, ma il progetto saltò. Mi chiamava Giancarlino, come Fellini con cui Lina aveva lavorato. Federico mi chiamava anche il pipistrello della notte. Andavo a trovarlo al buio sui suoi set. Mi invitò ad assaggiare degli spaghetti al ragù col parmigiano di Parma. I veri grandi sono semplici, infantili, innocenti. Come Pasolini che mi propose un film su San Paolo durante la Resistenza, ma saltò anche quello».
Giancarlo Giannini: “Io napoletano? Lo pensano tutti per un motivo”
Pasqualino Settebellezze?
«Eh, la mia nomination agli Oscar. Quel film riuscii a imporlo a Lina, lei era scettica, come si fa a far ridere in un lager? Io pensavo a Pulcinella. Mi ispirai a un acquaiolo che avevo conosciuto a Cinecittà, un napoletano brutto che offriva dell’acqua fresca».
Gli americani stravedono per lei. Qual è il suo vero rapporto con loro?
«Amore e distacco. Ho fatto due 007 e rifiutato tanti ruoli, mi proponevano l’italiano del Sud, senza distinguere tra un siciliano e un napoletano. Recitare nella nostra lingua è più complicato che in inglese. Ho detto che i nostri attori sono i migliori del mondo e mi sono saltati al collo. I grandi attori USA sono di origini italiane. Sorrentino? Ci lavorerei, ma se non mi chiama…».
Senta Giannini, quella storia del gatto nero…
«E’ diventata virale. Avrei potuto dire Topo Gigio. E’ vero, per la Mostra di Venezia io non esisto, premiano tutti, a me manco un gatto nero. Sono interessato a scoprire l’umanità delle persone, la gioia di vivere, questo dicevo quando insegnavo al Centro Sperimentale, prima che mi mandassero via con una telefonata, nemmeno una lettera di ringraziamento. Ma sono stato fortunato nella mia vita. Cominciò tutto per caso, dovevo andare in Brasile per i primi satelliti artificiali quando un amico mi suggerì di iscrivermi all’Accademia, pensavo si riferisse alla moda e non al teatro, non sapevo nemmeno cosa fosse».
[…] Pensano che sia di Napoli.
«Perché da giovane vi ho vissuto dieci anni. Mio padre lavorava sui cavi sottomarini a Pozzuoli. Ho frequentato un liceo magnifico, il mio prof di Fisica era stato compagno di banco di Enrico Fermi. Poi la lingua napoletana è la più bella del mondo».
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