Lello Arena: “Troisi? Oggi tutti omaggi ma ricordo le porte in faccia. Il suo messaggio era uno”. Lello Arena su Massimo Troisi, l’attore napoletano parla del collega, ma soprattutto amico, in occasione del suo compleanno, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
«Me le ricordo le porte in faccia, Massimo ne ha prese tantissime. Oggi è tutto un celebrare la sua genialità… ma all’inizio non lo hanno capito. Ricordo perfettamente i commenti da parte della cosiddetta classe dirigente del mondo dello spettacolo: “Ma chi è questo Troisi, ma che dice? Non si capisce una parola, che vuole fare? Dove vi avviate? Insomma non gli srotolavano tappeti purpurei! Noi non ci siamo mai fatti scoraggiare ma le porte in faccia facevano male lo stesso».
Lello Arena, Massimo Troisi non lo capivano per il dialetto?
«No no, mica per quello. Non lo capivano per quel suo modo di parlare così unico che oggi tutti osannano. Adesso è facile. Potrei fare nomi e cognomi di chi ora lo onora — e magari dice pure di averlo sostenuto dall’inizio — e un tempo non lo riceveva neppure. Ma non li farò».
Lello Arena: “Troisi? Oggi tutti omaggi ma ricordo le porte in faccia”
E ora che tutti parlano di Troisi — con cui fondò prima gli Rh-Negativo, poi I Saraceni e infine La Smorfia, iconico trio da cui tutto nacque, Arena si dedica ai giovani di Cioè, l’Academy nata da una sua idea e sviluppata con il Comune di Napoli ed Enzo Decaro.
«Ci hanno chiesto e accorderemo una proroga rispetto alla data simbolica che avevamo scelto ovvero il 19 febbraio. Cominciamo a fare i provini ma abbiamo già doppiato il migliaio di richieste iniziali quindi servirà più tempo. Di questo successo siamo felicissimi perché abbiamo bisogno di futuro. E non lo facciamo per generosità ma per egoismo: è necessario che l’arte si perpetui. La nostra vita sarebbe buia senza».
[…] Eravate sghembi e imperfetti e questo abbiamo amato in voi. Oggi ai giovani si chiede di essere performativi e fotogenici a favore dei social.
«Non solo: sta passando il messaggio per cui si esibisce una qualche diversità per la quale si chiede dignità e tolleranza. Il messaggio di Massimo era un altro: io sono come tutti, imperfetto come tutti e perciò mi dovete accogliere non accettare che è un’altra cosa. La diversità non entrava nel novero delle possibilità attribuibili ad un essere umano: per questo era meraviglioso».
Tanto da aver già fatto tutto da solo girando, forse come un esorcismo, «Morto Troisi. Viva Troisi». È così?
«Anche lì io e Anna Pavignano c’eravamo, era più un gioco direi. fatto per tirare dentro anche Renzo (Arbore ndr) e Roberto (Benigni ndr), Michetti e Verdone e parlare di sé come se non ci fosse più. Io l’avevo già fatto in Effetto Smorfia e ogni tanto lo tiravamo dentro, nei nostri spettacoli. Forse quando morirò io, andranno a prendere quel pezzo e diranno: vedi? Anche Lello ci aveva già pensato. Ora sono in tournée con Aspettando Godot che narra l’attesa della fine. La verità è che noi giocavamo con tutto e l’abbiamo fatto anche con la morte».
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