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Salute

Creato algoritmo per battere tumori e fibrosi cistica: svolta dall’ingegneria genetica

Creato algoritmo per battere tumori e fibrosi cistica: svolta dall’ingegneria genetica. L’ingegneria genetica sta compiendo passi da gigante grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale per correggere le mutazioni genetiche responsabili di patologie come tumori e fibrosi cistica. Recentemente, è stato sviluppato un algoritmo in grado di massimizzare le probabilità di successo del Prime editing, una tecnica che ricorda la funzione “cerca e sostituisci” dei programmi di scrittura e consente di correggere i geni con maggiore precisione rispetto al metodo “copia e incolla” della Crispr. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Biotechnology dal Wellcome Sanger Institute nel Regno Unito.

Il Prime editing, introdotto nel 2019, utilizza un “bisturi” molecolare di tipo avanzato che pratica micro-incisioni invece delle sforbiciate rischiose che caratterizzano la tecnica della Crispr. Grazie a questo nuovo approccio, gli scienziati hanno ottenuto risultati promettenti nella correzione delle mutazioni genetiche, aprendo la strada a futuri sviluppi nell’ambito della terapia genica e della lotta contro le malattie genetiche.

Creato algoritmo per battere tumori e fibrosi cistica: arriva il Prime editing

Secondo Valter Tucci, responsabile della linea di ricerca Genetics and Epigenetics of Behavior all’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), la tecnica è potenzialmente capace di correggere “oltre il 90% delle mutazioni che causano malattie genetiche. Come tutti i sistemi di editing genetico che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni, però, anche il Prime editing va ottimizzato e questo processo sta prendendo del tempo”.

Il nuovo studio è stato condotto dagli scienziati del Wellcome Sanger Institute mediante l’impiego dell’intelligenza artificiale. In questa ricerca, hanno progettato oltre 3.600 sequenze di Dna di varie lunghezze e le hanno inserite in tre diverse tipologie di cellule. Per effettuare il Prime editing, hanno utilizzato diversi strumenti molecolari e sfruttato diversi meccanismi cellulari di riparazione del Dna, essenziali per sostituire la sequenza mutata con quella corretta. Dopo una settimana, il genoma delle cellule è stato sequenziato per valutare il successo dell’editing.

Stiamo iniziando a scoprire quali fattori migliorano le probabilità di successo

“Le variabili coinvolte sono molte ma stiamo iniziando a scoprire quali fattori migliorano le probabilità di successo. La lunghezza della sequenza è uno di questi fattori, ma non è così semplice come dire più lunga è la sequenza più difficile sarà inserirla. Abbiamo anche scoperto che un tipo di riparazione del Dna ha impedito l’inserimento di sequenze brevi, mentre un altro tipo di riparazione ha impedito l’inserimento di sequenze lunghe”, ha detto Jonas Koeppel, primo autore dello studio.

Gli scienziati hanno utilizzato i dati raccolti per addestrare un sistema di apprendimento automatico per interpretare i risultati dell’esperimento. Grazie a questa tecnologia, il sistema ha appreso a riconoscere le variabili che influenzano il successo del Prime editing, permettendo di prevedere con precisione quando la tecnica potrà avere successo. In futuro, questo sistema potrebbe aiutare i ricercatori a progettare la soluzione migliore per correggere specifici difetti genetici, accelerando il passaggio del Prime editing dal laboratorio alla clinica.

Secondo Leopold Parts, coordinatore della ricerca, “il Prime editing ha un grande potenziale per migliorare la salute umana, ma prima dobbiamo capire i modi più semplici, efficienti e sicuri per apportare queste modifiche. Si tratta di capire le regole del gioco, cosa che i dati e gli strumenti risultanti da questo studio ci aiuteranno a fare”.Ciò non riduce però il rischio di mutare il Dna in cellule o tessuti che non sono il bersaglio primario della terapia”, sottolinea Tucci dell’Iit. “Inoltre le modifiche al Dna sono permanenti e pertanto sono già all’orizzonte nuove tecnologie basate sulla Crispr che sfruttano l’epigenetica per indurre modifiche transitorie”.

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