Marina Confalone: “Primo marito? È durata 3 mesi poi ho conosciuto Gigi. Il più grande rimpianto ‘Un medico in famiglia’”. Marina Confalone, il primo marito, gli esordi con Marisa Laurito e non solo, l’attrice napoletana, 71 anni, si racconta a 360 gradi in una intervista a ‘Il Corriere del Mezzogiorno’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
«Sono stata per molti anni quella della lavastoviglie: la televisione mi ha dato tardi la possibilità di mostrare altro di me».
Marina come furono gli esordi con Laurito?
«Vivevamo con i nostri due fidanzati in un minuscolo appartamento sulla Flaminia. Non possedevamo neanche la lavatrice, i panni dovevamo lavarli in una vasca da bagno, fino a quando non ce ne vendette una usata la moglie di Bellocchio che abitava a venti metri da noi. Era la miseria più nera: quando non c’era niente in tavola, Marisa diceva: oggi dieta».
Il suo fidanzato non aiutava?
«Era un giocatore: di cavalli, carte, tutto. Se avesse visto due scarafaggi insieme avrebbe scommesso pure su di loro, su chi avrebbe raggiunto per primo il muro. Un giorno ci riempiva la casa di elettrodomestici nuovi acquistati con una vincita, il giorno dopo se li era già rivenduti. Ci fece arrivare anche due tipi loschi alla porta che lo cercavano per i debiti. Per fortuna Marisa li seppe gestire con nonchalance, gli preparò il caffè».
[…] Ma che anni erano?
«A memoria prima dei trent’anni, perché mi ricordo che Sergio Castellitto mi portò tre rose per il mio trentesimo compleanno. Era molto amico del mio compagno».
Marina Confalone: “Primo marito? È durata 3 mesi poi ho conosciuto Gigi”
Con “il giocatore” come andò a finire?
«A un certo punto mi chiese di sposarlo. Eravamo al ristorante, mi disse: quando usciamo ricordami che devo chiederti una cosa. Io mi svegliavo pensando a lui, chiudevo gli occhi pensando a lui. Accettai. Durò tre mesi».
Dopo com’è andato l’amore?
«Ho conosciuto Gigi, faceva un lavoro normale di rappresentante. Stiamo insieme da 35 anni, non abbiamo mai litigato».
Niente figli?
«No, lui ne ha due dalla sua unione precedente, vivono entrambi in Inghilterra e ogni tanto ci vengono a trovare. Andiamo d’accordo».
Gigi cosa ne pensa del suo lavoro di attrice?
«Ogni volta che finisce un mio spettacolo lo trovo che sta piangendo o che sta per piangere. È sempre dalla mia parte. Una volta fece anche la comparsa nel mio spettacolo Capasciacqua con Pino Strabioli, dove inscenò l’apparizione della Madonna, con una battuta registrata in sardo molto divertente».
Qual è stato il momento che vi ha cambiato la vita?
«Era la sera in cui il Napoli vinse lo scudetto, nell’87. Andammo in un locale in via Martucci a festeggiare e lui si ritirò alle 6 a casa, non la presero bene. All’epoca era ancora sposato ma fu un colpo di fulmine tra noi, eravamo già innamorati: ci eravamo conosciuti pochi mesi prima a una festa di carnevale».
Lui la riconobbe?
«Non indossavo maschere e lui aveva visto Così parlò Bellavista , mi riempì di complimenti. Mi disse che mi trovava una persona buona, simile a lui. Effettivamente aveva colto una semplicità che mi appartiene molto».
Marina Confalone: “Il più grande rimpianto ‘Un medico in famiglia’”
Oggi la lavastoviglie la odia?
«Sono stata molto grata a Luciano De Crescenzo perché nel giro di una sera mi portò fuori dalla massa delle attrici sconosciute alla notorietà, ma è naturale non volermi fermare a quella interpretazione. Quando mi chiamarono per Così parlò Bellavista a teatro rifiutai. Scrissi una lettera di scuse a Luciano: non potevo affrontare due anni di tournée per parlare con una lavastoviglie».
L’anno prossimo Così parlò Bellavista compirà quarant’anni. Cos’è che meno le piace del film oggi?
«Quel modo di recitare esageratamente grottesco, che non mi corrisponde più. Adesso cerchiamo di essere veri e sinceri, si può fare ridere con assoluta verità. Dipende molto anche dalla bravura degli sceneggiatori, riuscire a tirar fuori il meglio di noi attori».
[…] La recitazione ce l’aveva nel sangue?
«Mio nonno materno era Gustavo Cuccurullo, pioniere della cinematografia italiana. Nacque con la camicia e i genitori l’avvolsero in una pagina di giornale di cinema e teatri. Così da fattorino che trasportava le pizze dei film arrivò a prendere in gestione dodici sale e a trasformare i teatri in cinema. Anche il Trianon».
Cosa le piacerebbe fare oggi in tivù?
«Anche se in televisione cercano solo storie di donne giovani e di avventure amorose, il pubblico è meno ingenuo di quello che sembra e sicuramente sarebbe bello interpretare una storia di settantenni, magari sempre con Marisa. Ma ho perso tante occasioni».
Ce ne racconta qualcuna?
«Al cinema ho rifiutato Speriamo che sia femmina di Monicelli, nel ruolo di Athina Cenci che ha vinto il David, o Benvenuti al Sud. In tivù due Fantastico con Baudo ma la rinuncia peggiore è stata quella di Un medico in famiglia, dove avrei potuto mettere a frutto la mia esperienza di attrice di Eduardo e raggiungere un grande risultato di verità con una recitazione sincera e allo stesso tempo comica. Però la serie non mi piaceva».
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