Claudia Koll: “In Africa una scena ha cambiato la mia vita. MeToo? Mai molestata, ho trovato una soluzione”. Claudia Koll, l’ Africa il MeToo e non solo, l’attrice romana, 57 anni, racconta alcune delle sue esperienze spirituali e professionali in una intervista a ‘La Repubblica’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Claudia Koll, quando decise di fare l’attrice?
“Guardando la tv con mia nonna, da ragazzina. Era cieca, io le descrivevo quello che accadeva mentre gli attori non parlavano. Lei mi spiegava le parole difficili dei dialoghi. Mi appassionai ai film, alle storie, all’umanità dei personaggi. La decisione l’ho poi maturata dopo la fine delle superiori”.
Lei venne lanciata dal film con Tinto Brass nel 1992, ma poi ha parlato malissimo di quella esperienza. Ha detto di essere stata usata. Perché?
“Preferisco non rispondere”.
È vero che pensò di smettere? Perché poi decise di continuare?
“A un certo punto ho pensato di riprendere gli studi all’università, ma poi sono arrivate proposte teatrali interessanti e da lì sono ripartita”.
Dopo il caso americano, in questi giorni anche molte attrici italiane hanno raccontato a Repubblica di aver subito delle molestie per poter fare il loro lavoro. A lei è capitato? E cosa pensa del Me Too?
“A me non è capitato. Ci sono, però, tante maniere di molestare le attrici e di condizionare le loro carriere. Quando ho visto che il rischio era quello di essere usata come una “bella cornice” a fianco di attori uomini, considerati invece per le loro capacità, ho scelto di lavorare molto sul mio talento artistico e di studiare con Susan Strasberg, che poteva comprendere bene il problema, dato che l’aveva conosciuto con Marylin Monroe (le due attrici erano amiche intime, ndr). Per quanto riguarda il movimento Me Too, mi auguro che le donne siano sempre più rispettate nella loro dignità”.
Claudia Koll: “In Africa una scena ha cambiato la mia vita”
Negli ultimi anni si è dedicata ad aiutare le persone meno fortunate. Quando ha sentito il richiamo della fede?
“È stato un percorso iniziato nel 2000 che si è rafforzato durante un viaggio in Africa, nel quale sono stata testimonial delle Missioni Salesiane. Ero lì con una troupe: regista, parrucchiere, truccatore… Dovevo registrare dei video. In un villaggio ho visto un ragazzino che portava un bimbo piccolo in braccio: aveva gli occhi chiusi a causa di un’infezione. Non avevano acqua per aprirglieli. Ho preso un fazzolettino imbevuto, gli ho aperto gli occhi. E lui li ha aperti a me”.
Cosa le dà fastidio del suo passato? C’è un film che non rifarebbe?
“A dire il vero quello che mi dispiace è che le interviste siano diventate copioni nei quali sono invitata a interpretare sempre la stessa parte e con le stesse battute. Preferirei parlare di quello che non mi viene mai chiesto, di quello che rifarei”.
Per quale motivo secondo lei nelle interviste le fanno sempre la solita domanda?
“Perché vogliono la solita risposta, che già pensano di conoscere”.
[…] Quali sono le persone che le stanno più vicino?
“Jean Marie, Natanaele, Abeba (la fidanzata di Jean Marie), mia sorella e la sua famiglia, i volontari dell’Associazione Le Opere del Padre”.
Di cosa si occupa l’associazione?
“Si occupa di evangelizzazione e di aiuto alle persone povere, spesso senzatetto e famiglie disagiate, in Italia e all’estero. In modo particolare in Africa. Cerchiamo di fare venire in Italia i bambini che non possono ricevere cure adeguate”.
In una intervista ha parlato del diavolo, dal quale sarebbe stata aggredita. Si sono più verificati episodi del genere?
“La cosa importante è aver fatto l’esperienza di Dio e aver incontrato il Suo Amore che ha cambiato la mia vita”.
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