Claudia Cardinale: “Mastroianni innamorato di me? Mi disse una cosa. Non ho avuto coraggio con mio figlio…”. Claudia Cardinale su Mastroianni, Chirac, Ugo Tognazzi e non solo l’attrice 84enne racconta i suoi amori in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Lei ha sempre scelto di restare italiana, anche quando si trasferì in Francia. Perché?
«Perché mi sento italiana, anche se di cultura francese. L’ho fatto pure per onorare mio padre; che volle sempre rimanere italiano, anche sotto il protettorato francese».
E con Fellini?
«Molto diverso. Divertente. Stimolante. Mi sentivo libera. In 8 e mezzo fu il primo a farmi fare la mia stessa parte…».
E Sergio Leone?
«Beh, Sergio era delizioso. Divertente, semplice. C’era una volta il West fu un’esperienza stupenda».
Lei ha recitato con John Wayne. Che tipo era?
«Molto grande! Era enorme. Molto riservato, ma anche un gentleman. Lui aveva la sua sedia da set, io no. In fondo ero una ragazzina… Così un giorno John me ne regalò una, con il mio nome, che mi ha accompagnata su tanti set. Era un gesto così dolce verso me, che ero poco più di una bambina, mentre lui era un gigante!».
E Orson Welles?
«Impressionante. Sul set di Abel Gance… Ero piccola piccola in mezzo a delle divinità».
E Sean Connery?
«Ci siamo divertiti. Faceva molto freddo sul set della Tenda Rossa, ma l’atmosfera tra noi era molto calorosa».
È vero che Mastroianni si innamorò di lei, ma lei lo respinse? Perché?
«Lui disse così. Chissà se è vero… Siamo stati amici, quello sì».
Molti in diverse epoche l’hanno definita la donna più bella del mondo. Si è mai sentita tale?
«No. Mai. Non mi sono mai sentita veramente bella».
Perché?
«Chi lo sa… son cose che non si possono veramente spiegare. Da bambina la “bella” della famiglia era mia sorella Blanche, bionda con gli occhi blu. Bella lo era davvero, e lo è sempre stata. Io, così scura, forse sembravo più scontata: in una famiglia di siciliani, per di più in Tunisia…».
Suo figlio Patrick veniva presentato come suo fratello, fino a quando lei non raccontò la verità in un’intervista a Enzo Biagi. Come trovò il coraggio?
«Era necessario. Il coraggio vien fuori quando è necessario. Non si può prevedere».
Se tornasse indietro, rifarebbe tutto allo stesso modo? O cambierebbe qualcosa?
«Sicuramente direi la verità prima a mio figlio. Allora quel coraggio non l’ho avuto».
Com’è stato lavorare con Visconti?
«Un enorme piacere. Una lezione non solo di cinema, ma anche di vita. Poi eravamo amici; e questo non ha prezzo».
Come fu lavorare con Vittorio De Sica?
«Anche lì, ero piccolissima. E Vittorio aveva una presenza speciale».
Ci sarà qualcuno con cui non è andata d’accordo. Monica Vitti, dicono.
«In effetti lavorare con lei non fu la migliore esperienza. La Vitti era ipnotizzante. Forte, intensa; ma era meno abituata di me a condividere la scena con un’altra donna. Non ci fu animosità; ma non ci fu neanche l’inizio di una vera amicizia».
È vero che pure sul set delle «Pistolere» i rapporti con Brigitte Bardot furono difficili?
«No. Assolutamente, anzi tutto il contrario».
Ma se litigavate di continuo!
«Ripeto: non è vero. La stampa ci voleva nemiche: BB contro CC. Ma non fu affatto così. Intanto lei era la mia “idola” assoluta. Ha qualche anno più di me: così io da ragazza, prima ancora di fare cinema, la vedevo nei film. Ero così onorata di lavorare con lei. Non c’è stata tra noi nessuna battaglia. Tant’è che per la prima del film ci siamo vestita come una coppia, lei da uomo io da donna».
Qual è la differenza tra l’Italia e la Francia? E tra italiani e francesi?
«Ce ne sono tante, ma preferisco guardare alle cose comuni. Siamo entrambe europei e cugini nella storia. Poi ci sono diverse “France” come diverse “Italie”, e diversi momenti storici. Marsiglia ha qualcosa di Napoli, come Parigi ricorda Torino. E Dante, il nostro più grande poeta, si è formato con i troubadours…».
Come ricorda François Mitterrand?
«Come un grande uomo di Stato, che ha rappresentato il suo Paese con dignità e coerenza».
È vero quello che in Francia sussurrano un po’ tutti…Che Jacques Chirac perse la testa per lei.
«Ma no! Non è assolutamente vero. Io avevo appoggiato la sua campagna elettorale, perché in quel momento mi sembrava il presidente più giusto; e così la stampa ne fece tutta una storia. Si figuri: ho detto no a Brando, a Delon e a Marcello… Chirac sarà pure stato un “homme à femmes”; ma non con me».
Non è vero allora che il presidente era a casa sua la notte dell’agosto 1997 in cui morì lady Diana?
«Non fatemi ridere. Ma no che non è vero! Pensate, le foto che ci mostravano “insieme” erano collage. Avevano tolto la faccia del mio amico Jacques Moisant e messo quella di Chirac. Ce ne siamo accorti poi, perché Moisant aveva un gusto eccentrico per i gilet. Chirac era molto imbarazzato per quella voce. Mi scrisse anche una lettera, che conservo, in cui ci rideva su anche lui. Però si diceva anche lusingato».
Come pensa allora sia nata la diceria della vostra relazione?
«Non lo so. Chirac mi aveva consegnato la Legion d’honneur; e io avevo difeso la sua candidatura pubblicamente. Questi due elementi, aggiunti alla sua reputazione di “homme à femmes”, potevano bastare a far nascere dicerie. Ma vi assicuro che fu solo una diceria».
Lei cita Delon e Brando: con loro come andò?
«Brando lo incontrai solo brevemente. Era il mio idolo. Ero molto impressionata. Alain invece è un amico. Ci siamo ritrovati spesso, sia nei film che nella vita. Insieme abbiamo condiviso l’esperienza del Gattopardo, e quella ci ha legato per sempre».
È vero che anche Tognazzi le fece una corte spietata?
«Non mi ricordo, ma è probabile…».
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