Alexia: “La mia prima audizione è stata in un bagno. Io sottostimata? Forse sono sordi. E su Sanremo”. Alexia, la prima audizione è non solo, la cantautrice regina della musica dance internazionale, 55 anni, si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Quando si è accorta di avere una bella voce?
«Me ne sono accorta da bambina, nei bagni della mia scuola dell’infanzia».
Torniamo però ai bagni dell’asilo…
«In generale, il bagno è un posto in cui ti rilassi. Poi ci sono le piastrelle, che fanno un po’ l’effetto del microfono, creano un’acustica particolare. Un giorno, nei bagni dell’asilo appunto, me ne sono accorta e da quel momento mi chiudevo lì e iniziavo a cantare. Solo che dopo qualche tempo le insegnanti si sono insospettite per questi miei allontanamenti e hanno capito perché mi chiudessi lì. Così aspettavano che ci andassi per venirmi ad ascoltare fuori dalla porta. Quando me ne sono accorta ho smesso. Ma quella, di fatto, è stata la mia prima audizione».
E anche il suo primo successo.
«Dopo poco iniziarono a chiedermi di cantare alle recite e a cinque anni già mi esibivo, con il microfono in mano, da solista. Ricordo di aver cantato anche accompagnata da un’orchestra ideata da un professore molto illuminato, composta solo da ragazzini della mia cittadina (Arcola, in Liguria, ndr.), davanti a una platea piuttosto ampia. Mia mamma, che era una sognatrice, lì ha iniziato a credere nel mio talento».
Alexia: “La mia prima audizione è stata in un bagno”
[…] Ha mai pensato di diventare cantante lirica?
«Mi affascinava molto quel tipo di canto: ero improvvisamene cosciente di quello che riuscivo a fare grazie a un’impostazione lirica. Poi però il richiamo verso la musica soul, il jazz e il blues era talmente forte che una cosa escludeva l’altra. Cantavo con diverse cover band, andava benissimo tutto, pur di fare esperienza, di esibirmi dal vivo. Ho fatto anche delle cover di liscio: non dico mi venissero benissimo, ma mi sono dovuta adattare. Poi, finito questo primo periodo di gavetta, ho iniziato a lavorare negli studi di registrazione: facevo dei turni come corista».
Un percorso ben diverso rispetto a chi, oggi, viene lanciato da un talent show o diventa famoso grazie a visualizzazioni o streaming.
«Era tutto un altro mondo. Quando iniziavi a proporre i tuoi progetti all’inizio venivano puntualmente scartati. Le porte in faccia erano tantissime ma solo così cominciavi a capire come ti dovevi muovere. Raggiungere un primo contratto non significava andare in tv immediatamente. Dovevi farti conoscere in giro e fare assaggiare il tuo prodotto un poco alla volta».
Alexia: “Prima occasione? Ice Mc”
La prima grande occasione?
«Quando ho iniziato a lavorare con Ice MC. Quando è arrivato il boom avevo per fortuna le spalle forti, dopo due anni di tournée con lui. Osservando Ice, cioè Ian, ho intuito che bisogna fare molta attenzione perché il successo arriva ma poi se ne va anche via. Bisogna ottimizzare quello che si sta ricevendo cercando di avere un atteggiamento professionale e preparandosi un terreno per il futuro. La mia regola è sempre stata lavorare come se fosse l’ultima volta».
Aveva dunque la sensazione che le cose potessero presto cambiare?
«C’è stato un momento in cui mi sono resa conto che inseguivo delle cose che non mi appartenevano più. Quando inizi un percorso artistico sai come ti vuoi esprimere ma poi si cambia, si evolve e ho cominciato a desiderare altro. Ma proprio in generale. Ho ripreso a studiare: sono sempre stata appassionata delle lingue straniere ma non avevo avuto il tempo di applicarmici, così l’ho fatto. Poi volevo esserci per la mia famiglia e quindi ho iniziato a organizzare il mio lavoro in base a queste nuove esigenze».
L’idea, da fuori, è che non si sia più riconosciuta in un mondo discografico che, nel frattempo, era completamente cambiato. È così?
«Non sono mai stata brava a sgomitare, anzi. A un certo punto mi sono accorta che le case discografiche non cercavano più dei bravi cantanti, ma altro. Gente che magari avesse anche una storia impattante, un percorso che emoziona in modo particolare. Io non posso continuare a raccontare che quando è morto mio papà ho avuto una piccola depressione: avrò dovuto elaborare un lutto, no? Sono forse l’unica al mondo? Posso davvero ripetere all’infinito queste cose? Quindi ho deciso di fare un passo indietro e continuare a lavorare nelle sfere dove Alexia ancora conta qualcosa».
Quali sono queste sfere?
«All’estero sono ricercatissima nella musica dance. Per il resto, quando hai tanti streaming arrivano i bravi produttori e i bravi autori ma quado un artista non fa streaming, può essere bravissimo, ma si fa più fatica. Ho dei progetti inediti molto interessanti, pronti per essere utilizzati, ma aspetto il momento giusto».
Alexia: “Io sottostimata? Forse sono sordi. E su Sanremo”
Le pesa non essere eccessivamente social?
«Ma come posso io, a 55 anni, mettermi a fare i TikTok? Ma siamo matti? Cosa faccio, i balletti? No, non ho proprio il carattere, non mi sentirei a mio agio. Oltre al fatto che sarebbe come chiedermi di ricominciare tutto da zero: ci vuole anche un pochino di stile. Non posso cercare di apparire, di essere attrattiva per i giovani spingendo sulla baracconaggine. Piuttosto io, piano piano, con i miei follower che — magari lentamente — però crescono, mi creo un seguito che però è solo mio, reale, concreto».
[…] Se le dico Sanremo? Ci tornerebbe?
«È un ricordo dolce, di momenti di grande felicità oltre che di presa di coscienza di quello che veramente valgo. Ci vorrei tornare, certo che vorrei, ma non si può suonare il campanello… le persone dimenticano in fretta e nel tempo ho capito che il Festival è anche uno spettacolo televisivo: come tale, deve fare molti ascolti, garantiti da certi nomi. Se non sei super popolare è difficile. Nonostante ciò, come molti altri colleghi senior, tutti gli anni io il tentativo lo faccio: sarebbe sbagliato precludersi questa cosa. Ma non è che ci punti più come un tempo».
Pensa di essere un po’ sottostimata?
«Forse sono esagerata ma penso che il mio vissuto sia tangibile e parli per me. Io mi sento una portatrice sana di allegria. Se ci sarà un riscatto sarà ben accetto ma sento che, in ogni caso, questo disco rappresenta un mio riscatto personale, quindi andrà bene anche se sarà uno dei tanti passaggi che ho fatto… certo, vorrebbe dire però che le persone sono proprio sorde».
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