Dieta Mediterranea contro tumori: scoperto beneficio nei pazienti. I benefici prodotti dai farmaci che agiscono riattivando il sistema immunitario contro il cancro, non hanno lo stesso effetto su tutti i pazienti e, non di rado, nel tempo perdono di efficacia. Queste terapie hanno prodotto importanti progressi nel trattamento di alcuni tumori, come il melanoma. Tuttavia l’ideale sarebbe ottenere la stessa efficacia in tutti i pazienti.
Ad aprire una strada in questa direzione è uno studio presentato nel corso del congresso dei gastroenterologi europei (la UEG Week) andato in scena a Vienna. La ricerca suggerisce una strategia che potrebbe aumentare l’efficacia di questi trattamenti e la protagonista è la dieta mediterranea. Nei pazienti che adottano questo regime alimentare, infatti, la cura a base di immunoterapici sembra essere più efficace.
Lo studio, coordinato dallo University Medical Center di Groningen, nei Paesi Bassi, ha seguito 91 pazienti con melanoma avanzato in trattamento con inibitori dei checkpoint immunitari scoprendo che chi seguiva una dieta mediterranea aveva una maggior tasso di risposta alla terapia e minori probabilità che il tumore ricominciasse a crescere.
Un ulteriore vantaggio si aveva quando si seguiva una dieta ricca di alimenti integrali e legumi: in tal caso si aveva anche un rischio più basso di effetti collaterali a carico dell’apparato digerente. Al contrario, un alto consumo di carne rossa e insaccati era associato a una maggiore probabilità di effetti collaterali.
Dieta Mediterranea contro tumori: lo studio sui benefici
“Il nostro studio supporta il ruolo delle strategie dietetiche per migliorare i risultati e la sopravvivenza dei pazienti”, ha detto la principale autrice dello studio, Laura Bolte. Le proprietà della dieta mediterranea potrebbero essere legate agli effetti benefici che questa esercita sul microbiota intestinale, che, a sua volta, si è dimostrato in grado di condizionare la risposta ai trattamenti immunoterapici.
Uno studio pubblicato lo scorso febbraio su Nature Medicine, condotto, tra gli altri, da ricercatori dell’Università di Trento e dell’Istituto Europeo di Oncologia coinvolti anche in questo nuovo studio, ha mostrato, per esempio, come la presenza nelle feci del batterio Akkermansia muciniphila fosse in grado di predire la risposta all’immunoterapia.
Come riporta Ansa, tesst precedenti avevano mostrato, invece, come il trapianto fecale, cambiando la composizione del microbiota intestinale, fosse in grado di restituire efficacia all’immunoterapia. Al momento sono molti gli studi in corso sull’argomento e potrebbero “in futuro, sbloccare i benefici del trattamento per un ampio gruppo di malati di cancro”, ha aggiunto Bolte.
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