Maria Chiara Giannetta: “Sono emofobica e ho una paura ma la terapia aiuta. E l’amore…”. Maria Chiara Giannetta emofobica e non solo, l’attrice pugliese, 30 anni, racconta, tra le altre cose, di come ha affrontato le sue paure, in una intervista a ‘Vanity Fair’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
A metà agosto di un anno così si può pensare alle vacanze?
«Sono stata da poco al Giffoni, esperienza stupenda, e ho appena finito di girare la nuova stagione di Buongiorno, mamma! (anche questa una produzione Lux Vide, Gruppo Fremantle, ndr). E ora ho tanta voglia di respirare un po’. È stato un anno bellissimo, pieno, inaspettato. Ma allo stesso tempo sento anche la necessità di prendere un po’ le distanze da tutto questo. Semplicemente per provare a guardarmi da fuori. Quando si sta troppo dentro alle cose, rischi di non riconoscerle più».
Cosa fa in questi casi?
«Tendenzialmente, se riesco, vado in campagna, mi ricorda la dimensione di dove sono cresciuta, con mio nonno».
Com’è cresciuta?
«Famiglia centrata. Mamma infermiera. Io, invece, sono emofobica, se vedo il sangue svengo. La presenza femminile in casa mia è sempre stata potente. Lei e mio padre si spalleggiavano bene. E noi, figli, siamo tre sorelle e un fratello. Vinciamo noi. Di mia madre ho sempre sentito forte il suo prendersi cura delle cose, non solo a livello fisico, come con i pazienti, ma anche del nostro animo, questa sua grande premura di farci stare bene, sereni. Un dono che, se posso dire, ha tramandato a tutti e quattro».
Lei è la primogenita.
«Sì e la leggenda che i primogeniti siano i più fighi di tutti per me è completamente falsa. Nonostante sia la più grande, in casa mi hanno sempre preso in giro tutti».
Maria Chiara Giannetta: “Sono emofobica quando vefo il sangue svengo”
Con quali motivazioni?
«Diciamocelo, sono una rompipalle. Devo sempre dire la mia, controllare. Sono secchiona dentro. Il bello di tornare a casa è che mi dicono sempre le cose come stanno. Mi fa sentire davvero bene. Credo di essere una persona con i piedi ben piantati per terra, ma quando torno in Puglia me lo ricordano. A Roma il nostro lavoro ogni tanto è come se fosse una bolla, e io non voglio dimenticarmi chi sono davvero. Non è mai successo, però, a volte poteva succedere, sei sempre sul filo».
Come si fa a dare a ogni cosa il giusto peso?
«Io ci riesco grazie alla terapia. È una cosa che faccio da un anno e che mi ha cambiato il modo di affrontare la vita. Anche per il lavoro che faccio, sento un forte bisogno di essere autentica. A un certo punto potresti perderti, invece io grazie alla terapia ho imparato a come essere me stessa in ogni contesto. Sembra facile ma non lo è».
Quando ha sentito il campanello di pericolo?
«Lo sento da tanti anni. Prima ho provato a fare un po’ di auto-terapia ma non funziona perché non possiedi gli strumenti. Hai bisogno di un professionista. Avevo voglia di iniziare questo percorso, ma poi non lo facevo. Ci ho messo anni a rendermi conto che stavo soffrendo un pregiudizio ancora enorme. Viviamo in un periodo che “se vai da un terapeuta vuol dire che sei malato, e se sei malato devi vergognarti”. Invece dovremmo farlo tutti. Oggi la terapia è un’ora che dedico a me stessa nel modo più onesto, un regalo che mi faccio. Davanti a una persona che in qualche modo mi guida, mi dà gli strumenti adatti. Nello specifico ho iniziato lo scorso settembre, in un momento in cui tante cose, dalla famiglia, alle relazioni, al lavoro, erano un po’ bloccate. Ero tra i 29 e i 30, e mi sono resa conto che ripetevo sempre gli stessi meccanismi».
Maria Chiara Giannetta: “Noi 30enne di oggi siamo nel mezzo”
[…] Quando ha deciso che voleva fare l’attrice?
«Da sempre. I provini per il Centro sperimentale di Roma li ho fatti poi grazie a un collega. Studiavo già al teatro di Foggia insieme a Gianmarco Saurino, anche lui di quelle zone, e suo fratello maggiore, Marcello, che oggi fa il montatore, aveva già frequentato il Centro. Gianmarco quindi mi diceva “il prossimo anno provo anch’io”. Io ovviamente non mi sentivo ancora pronta. Prima ho dovuto iscrivermi all’università, facoltà di Lettere Moderne. Dopo un anno, nonostante gli esami già dati, ho capito che non stavo andando da nessuna parte. Volevo fare altro. Così ho detto “Mamma, papà, voglio provare a fare i provini per Roma”»
E com’è andata?
«Ho fatto fatica a entrare in connessione con loro. Cose come “parlare in corsivo” non le capirò mai. Noi 30enni di oggi siamo un po’ nel mezzo, anche per quanto riguarda il mondo del lavoro, la società. E questo ci porta a domande come “quando devo fare i figli, se li devo fare, ma perché li devo fare”. E ancora: “Ora che ho 30 anni, quanto tempo ho per farli o per non farli?”. Io intanto mi sono data questa risposta: facciamo che non ci penso e se poi succede, succede. Anche per quello non ci sarà mai il momento giusto».
Maria Chiara Giannetta: “Una paura che non vorrei mai provare”
E gli uomini?
«Hanno meno ansie, ma vedo anche loro in difficoltà. Con le donne sono un po’ intimoriti. Noi giustamente ci facciamo sentire molto di più e loro hanno paura».
Quali sono le sue paure che restano?
«Una paura che al momento non vivo, ma che non vorrei mai provare. Ossia la paura di scocciarmi, a un certo punto, di questo lavoro. Non per il lavoro in sé, ma per i meccanismi che ho intorno. Io amo quello che faccio, mi nutro di questo, e spero mai di non svegliarmi un giorno e di non provare più questa passione».
Se dovesse succedere?
«Punterò al piano b, qualcosa in campagna, circondata dalle capre. Ho ben chiaro che il nostro lavoro non è la nostra vita».
Che posto occupa, invece, l’amore?
«L’amore credo sia molto importante. Deve essere un qualcosa che ti arricchisce e che non ti ostacola. E io, in realtà è la prima volta che lo dico, sono fidanzata da cinque anni, sto benissimo. Mi hanno paparazzato diverse volte insieme a Davide (Davide Marengo, regista e sceneggiatore, ndr), ma non ho mai confermato».
Perché?
«Per istinto di protezione. Avevo paura che se lo dici, dai il permesso alle altre persone di entrare dentro. Invece, adesso ho cambiato idea. Sono felice, anzi sono noiosamente felice (ride, ndr). Conviviamo, procede tutto bene. L’amore è una parte fondamentale. Davide mi ha aiutato tantissimo in molti momenti. Ci amiamo. E questo vuol dire far crescere l’altro a livello individuale, ma anche crescere insieme come coppia».
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