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Cronaca

Torino, pusher nigeriano inghiotte gli ovuli: scarcerato per un clamoroso errore

Torino, pusher nigeriano inghiotte gli ovuli: scarcerato per un clamoroso errore. È successo qualche giorno fa a Torino, dove la polizia ha inseguito e bloccato un pusher che per evitare l’arresto ha inghiottito gli ovuli di droga. Dopo il pericoloso occultamento l’uomo, un cittadino nigeriano di 27 anni, si è anche scagliato contro i poliziotti, costretti a usare il taser per bloccarlo. E così è scattato l’arresto per resistenza e per detenzione di droga ai fini di spaccio. Due giorni dopo il presunto pusher è tornato in libertà.

Il motivo? Un clamoroso errore. O meglio, un buco istituzionale. Si, perché non è stato dimostrato che stesse spacciando e che avesse ingerito la droga destinata alla vendita. «L’indagato non è stato sottoposto al controllo delle evacuazioni, con la conseguenza che non è stato possibile reperire la sostanza stupefacente eventualmente detenuta», scrive il gip che ha disposto la scarcerazione.

A riportare la notizia è ‘Il Corriere della Sera’, secondo cui la verifica non è avvenuta perché oggi a Torino non esiste una struttura in cui svolgere questo genere di verifiche. E questo è il risultato: i pusher tornano in libertà poche ore dopo essere stati fermati. È il primo effetto collaterale della chiusura della «sezione filtro» del carcere Lorusso e Cutugno avvenuta pochi mesi fa dopo la visita della ministra Marta Cartabia, che l’aveva descritta come disumana per le condizioni in cui venivano ospitati i detenuti.

Torino, pusher nigeriano inghiotte gli ovuli e viene scarcerato

A questo stop si aggiunge l’impossibilità delle forze dell’ordine di portare tutte le volte i sospettati in ospedale. Ecco quindi riemergere, così come era già successo nel 2019, la questione del recupero del corpo del reato. All’epoca i presunti pusher venivano trattenuti alla «filtro» e spesso sottoposti a radiografie. Troppe, secondo i garanti nazionali e locali dei detenuti che inviarono diverse segnalazioni in cui si evidenziavano le esposizioni alle radiazioni e si mettevano in luce le criticità igienico-sanitarie della sezione.

Nel dibattito la Procura chiese un parere a Roberto Testi, direttore sanitario dell’Asl da cui dipende il carcere torinese. Il professionista indicò che per gli ovulatori «bodypacker», coloro che contrabbandano droga attraverso i confini, esiste un «rischio sanitario» per cui era necessario accompagnarli in ospedale. Il rischio viene meno per i «bodystuffer», coloro che stanno per essere fermati e ingeriscono lo stupefacente e che non devono quindi essere portati in pronto soccorso.

Il carcere da tempo si era dotato di un macchinario per raccogliere gli ovuli, ma non sempre funzionava a dovere e alcuni mesi fa si è rotto. «Stiamo studiando alcune soluzioni. In questi mesi in alcuni casi i detenuti sono stati portati in ospedale, ma non è una procedura standard come invece avviene in altre regioni», le parole di Cosima Buccoliero, direttrice dell’istituto penitenziario, riportate da CorSera.

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