Scoperto il meccanismo che rende i tumori resistenti alle cure: lo studio italiano. La scoperta arriva da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori guidati dall’Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare (Ifom), Università di Torino, Università Statale di Milano e Candiolo Cancer Institute Irccs. Il team ha svelato il meccanismo che rende i tumori resistenti alle cure e che ne causa il ritorno anche dopo anni.
La ricerca, tutta italiana, combinando biologia e matematica, ha scoperto che le terapie che colpiscono in modo mirato le cellule tumorali fanno entrare alcune in uno stato di ‘letargo’, grazie al quale acquisiscono una maggiore capacità di mutare per sopravvivere. Il risultato apre la strada a nuove cure per impedire lo sviluppo di metastasi, portando a trattamenti mirati e calibrati su ciascun tumore e paziente. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Genetics. Ne ha parlato Mariangela Russo dell’Università di Torino e Candiolo Cancer Institute, che ha guidato i ricercatori insieme a Simone Pompei di Ifom.
Scoperto il meccanismo che rende i tumori resistenti alle cure
“Abbiamo osservato che le terapie a bersaglio molecolare (in cui il farmaco è indirizzato in modo specifico alle cellule cancerose che portano in superficie un determinato bersaglio) inducono nelle cellule tumorali la transizione a uno stato di letargo, rendendole in grado di tollerare temporaneamente il trattamento. I nostri studi ci hanno permesso di capire che non solo le cellule tumorali persistenti hanno più tempo per sviluppare mutazioni genetiche a loro favorevoli, ma la terapia rende questo processo più veloce”, le sue parole riportate da Ansa.
“Inoltre, avvalendoci degli strumenti forniti dalla fisica teorica, siamo stati in grado di tradurre gli esperimenti eseguiti in laboratorio in un linguaggio matematico. Questi strumenti ci hanno permesso di interpretare e predire con maggiore precisione il comportamento delle cellule tumorali: in questo modo abbiamo calcolato che le cellule persistenti mutano fino a 50 volte più velocemente delle cellule tumorali. Questo significa che, anche se presenti in piccolo numero, comportano un’alta probabilità di recidiva”, ha aggiunto Simone Pompei.
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