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Gli amori di Ornella Vanoni: “Gino Paoli era povero e brutto, Piccolo aveva vizi. Ho un solo rammarico”

Gli amori di Ornella Vanoni: “Gino Paoli era povero e brutto, Piccolo aveva vizi. Ho un solo rammarico”. Gli amori di Ornella Vanoni, la cantante milanese, 88 anni, racconta vizi e virtù degli uomini con i quali ha condiviso una parte della sua vita in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Ornella si nasce?
«Sì, penso di sì, ma all’inizio non si sa di esserlo e, nel mio caso, lo si diventa. La consapevolezza è arrivata tardiva».

La sua voce è inimitabile, ma qualcuno l’ha imitata?
«Sì, ci ha provato Loretta Goggi con una mia canzone… divertente».

Una vita avventurosa, la sua. Si è definita spudorata in amore, perché?
«Mi definisco spudorata, perché giro in mutande, ma soprattutto sono sempre stata una donna libera di vivere, di volteggiare in aria per poi cadere, e poi volteggiavo di nuovo e ricadevo: un’altalena. Una donna libera è quella che non ha bisogno di appoggiarsi al nome di un marito, può contare su sé stessa e basta. La libertà è complicata soprattutto per le donne, ma anche gli uomini non hanno tanta libertà».

E lei si è innamorata spesso di uomini che non avevano una lira.
«Nutrivo per loro un’attrazione fatale. Un uomo potente, ricco, non permette alla moglie o compagna di costruirsi una propria carriera, perché vuole una donna a fianco. Io mi sono innamorata di Gino Paoli quando non era ricco e mia madre mi diceva: come fai a essere innamorata di un uomo così cesso? Effettivamente non era bello, è migliorato invecchiando».

Una storia importante, quella con Giorgio Strehler…
«Con il quale non ho potuto nemmeno recitare: la nostra storia d’amore fu un grande scandalo. Io vivevo di Strehler ma lui non poteva far recitare la ragazza con cui aveva una relazione. Inoltre, mi diceva: amore hai un grande talento ma se sali sul palco è un miracolo, perché non hai i nervi per fare questo mestiere, e aveva ragione. Il vero problema era la mia timidezza, ho dovuto lottare per superarla, strisciavo lungo i muri, avevo paura persino del mio respiro».

[…] Perché finì la sua relazione con il maestro del Piccolo?
«Durò quattro anni, l’ho lasciato io: non avevo più voglia di seguire certi suoi vizi, che non potevo condividere, ero stufa. Tuttavia, con Giorgio sono stata una spugna: seguivo tutte le prove che faceva con gli attori e una volta gli dissi non sono una lavagna su cui tu puoi scrivere, sono una spugna che assorbe tutto quello che dici. Quando ci siamo lasciati, gli scrissi in una lettera: sono stata la tua migliore allieva, sono cresciuta e diventata brava senza di te».

Gli amori di Ornella Vanoni

[…] Con un importante impresario, Lucio Ardenzi, divenuto poi suo marito, invece ha potuto recitare.
«Sì, mi ha spinto a farlo. Al contrario di Giorgio, mi ripeteva: se porti sul palco il tuo lato infantile, sarai idolatrata. Quando interpretai L’idiota di Marcel Achard, il poeta Ignazio Buttitta venne a vedermi, fu entusiasta e andò a dire a Strehler che avevo recitato benissimo. Lui gli rispose: non è possibile».

Invece è stato possibile…
«Non posso lamentarmi della mia carriera, ho fatto di tutto, anche se venni considerata troppo sofisticata quando iniziai a occuparmi di musica leggera. Ero poco popolare. Sfondai la platea con l’Appuntamento: tanta gente mi confessò che si era innamorata del proprio partner grazie a quella canzone».

In quale momento ha capito di avere talento?
«Ne sono diventata cosciente intorno ai quarant’anni. Caterina Caselli mi diceva: tu non sei una cantante, sei un guerriero!».

E con Mina: amiche o nemiche?
«Assolutamente sempre amiche! Ha persino tentato di insegnarmi a giocare a poker, senza riuscirvi. Saper giocare a carte è una questione genetica: mia madre era bravissima, mio padre non sapeva tenere le carte in mano e io ho preso da lui, da cui mi sono sentita tanto protetta».

Quando, in particolare?
«Il ricordo più forte è da ragazzina durante la guerra. Il primo bombardamento a Milano, tutto bruciava, raggiungemmo la stazione per scappare, era un girone infernale e lui, con il suo grande cappotto, mi avvolgeva tra le braccia per proteggermi dalla bolgia. Io, come madre, ho il rammarico di non essere stata abbastanza vicina a mio figlio Cristiano quando era piccolo: troppo presa dal lavoro, e so che ne ha sofferto».

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