Neri Parenti: “Troisi? Vi spiego cosa avrebbe fatto se non fosse morto. Ho un sogno ma in Italia è impraticabile”. Neri Parenti su Trosi e non solo, il regista toscano, 72 anni, parla tra le altre cose della grande amicizia che lo legava all’attore napoletano scomparso nel 1994, in una intervista a ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Il premio in ricordo di Massimo Troisi, l’ennesima soddisfazione…
“Questa è particolarmente gradita, perché ero amico di Massimo, ci frequentavamo anche se non abbiamo mai lavorato insieme. Io, Massimo, Roberto Benigni e Francesco Nuti formavamo un quartetto ben assortito: eravamo un po’ i quattro moschettieri (ride, ndr). È un grande onore, anche perché per me non è una grande abitudine ricevere dei premi, se non quelli legati agli incassi o a cose del genere. Il riconoscimento dedicato a Massimo è un’enorme soddisfazione, anche perché lui è stato uno degli interpreti più felici della commedia italiana. Se non avesse fatto la brutta fine che ha fatto in così giovane età, avrebbe creato un solco profondo tra la vecchia e la nuova generazione”.
Conserva un ricordo in particolare di Troisi?
“C’era qualche difficoltà di comunicazione (ride, ndr). Massimo parlava un grammelot tra napoletano e altre lingue, a volte lasciava dei messaggi in segreteria indecifrabili. Non capivo nulla di ciò che diceva, nemmeno una parola. Poi per fortuna Benigni era un grande traduttore”.
[…] Il direttore artistico Massimiliano Cavaleri l’ha definita una perla della storia recente del nostro cinema…
“Un pirla, più che una perla… (ride, ndr)”.
Neri Parenti: “Troisi? Vi spiego cosa avrebbe fatto se non fosse morto”
Le parole di Cavaleri però ben definiscono la sua carriera. Qual è il suo bilancio?
“Non mi posso lamentare, sicuramente. Ho fatto cinquanta film. Ho fatto i film che volevo fare, ho lavorato con vari attori comici, mi sono trovato bene con loro. Il bilancio è sicuramente positivo. Poi bisogna avere le palle grosse con la critica, ma ci si abitua”.
Qualche rimpianto?
“Io sono nato cinematograficamente con ‘Il corsaro dell’isola verde’ e ‘Ivanhoe’. Il mio sogno è sempre stato quello di fare un film di avventura, che in Italia è praticamente impraticabile, sia per i costi che per il cast. Quando ho iniziato a fare film in giro per il mondo, ho cercato sempre di ficcarci dell’avventura. Anche per questo uno dei miei film preferiti è ‘Natale sul Nilo’: lì ho potuto sbizzarrirmi tra animali, ragni, aerei che precipitano…”.
[…] Cosa ne pensa di questa era dominata dal politicamente corretto?
“È troppo, troppo, troppo… C’è una caccia alle streghe. Ormai non si possono più dire certe parole, anche se sono contenute in tutti i vocabolari. Non si possono più rappresentare certe minoranze, sia etniche che sessuali, se non presentate in una maniera del tutto politically correct. Tutto questo è dannoso per la commedia e per la pubblicità: è tutto uguale! Purtroppo va così, anche a causa del dominio delle piattaforme, che vogliono dei progetti che rispettino determinate regole: dal #MeToo ai transgender, gli omosessuali non devono essere omosessuali… Avranno una specie di codice etico da rispettare e vogliono dei prodotti politically correct”.
Una follia assoluta…
“Assolutamente sì. Anche perché c’è il libero arbitrio. Nessuno mette un fucile alla tempia degli spettatori per andare a vedere quel determinato film in sala”
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