Giordano racconta Maradona: “Usciva di notte solo per un motivo. Quando ci giocai contro mi convinse ad andare al Napoli”. Bruno Giordano racconta Maradona, l’ex attaccante del Napoli scudettato parla di quella esperienza ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dalla mezzanotte alle quattro, live anche su Rai2 dall’1.15 alle 2.30 circa.
L’ex attaccante del Napoli di Maradona, ha parlato del libro che ha scritto con l’ex compagno di squadra Salvatore Bagni, ‘Che vi siete persi…’, a proposito del primo scudetto vinto dal Napoli di Maradona: “E’ stato bello scrivere questo libro, è un ricordo che passa attraverso me e Salvatore e che racconta ciò che è successo in quella annata straordinaria. Ci sono tanti aneddoti, si parla tanto di Diego Armando Maradona, la luce era lui, noi eravamo attorno alla sua luce.
Credo sia un atto dovuto anche alla città, quello scudetto non fu soltanto un fatto sportivo, ma anche una rivalsa sociale per tutti i napoletani. A Napoli è più difficile vincere perché manca l’abitudine, ma siamo stati la dimostrazione che se costruisci una squadra forte puoi fare qualcosa di straordinario. Ci sono stati due scudetti, vittorie europee, Coppe Italia. Al Nord sanno come si vince, sono abituati, ma se tu ti organizzi bene prima o poi riesci a combatterci”.
Giordano racconta Maradona: “Usciva di notte solo per un motivo”
Sul Napoli di Maradona: “Io mi ricordo che in un Lazio-Napoli, giocavo nella Lazio, quando Diego mi capitava vicino mi diceva che l’anno dopo sarei dovuto andare a giocare con lui. Ci incrociammo già in una partita tra Italia e Argentina. Fu straordinario nel periodo in cui mi ruppi una gamba, mi mandò un telegramma. Fu straordinario quando arrivai a Napoli.
Prima di firmare il contratto, Italo Allodi (direttore sportivo del Napoli di allora ndr) mi passò Diego al telefono e lui mi disse che era felicissimo del mio arrivo a Napoli. Maradona in campo non ti faceva pesare il suo essere Maradona. Era generoso e disponibile con tutti, in campo e fuori. E’ un personaggio che sotto alcuni aspetti non è stato raccontato in tutto e per tutto.
A dicembre insieme alla moglie Claudia riempiva i pulmini di giocattoli e andava a regalarli ai bambini negli ospedali di Napoli. Era un leader assoluto. Uno dei pochi, se non l’unico, ad essere amato da tutti. Compagni e avversari. Ha preso tanto calci senza mai dire niente, si rialzava più forte di prima. Un qualcosa di straordinario. Sono felice e orgoglioso di averci giocato accanto. Maradona saltava gli allenamenti? Per quello che ho visto io, in tre anni avrà saltato una decina di allenamenti.
Era sempre presente, quando aveva un obiettivo ci arrivava al massimo della condizione. Un Capitano vero. Non portava soltanto la fascia ereditata dal mitico Bruscolotti, ma era un Capitano sempre presente. Agli allenamenti, alle riunioni, ovunque. Se tu non ti alleni, anche se sei Maradona, a certi livelli duri tre mesi. Non anni, come è capitato a Diego”.
Giordano racconta Maradona: “Era un Capitano vero”
Sul titolo del libro, ‘Che vi siete persi’: “Era uno striscione che i tifosi misero fuori al cimitero di Secondigliano. ‘Che vi siete persi’, rivolto alle persone al cimitero che purtroppo non c’erano più. Da lì a breve ci fu un altro striscione in cui c’era scritto ‘Ma siete sicuri che ce lo siamo perso?”.
Sulla morte di Maradona: “Un mese prima gli avevo mandato un messaggio per il suo compleanno. Nell’ultimo anno e mezzo facevo fatica a sentirlo, forse chi gli era accanto limitava o escludeva le telefonate. Fino a un anno e mezzo prima c’eravamo sentiti. Fino al 2018 quando ci siamo visti, Maradona stava benissimo. Poi dopo quel periodo ci siamo sentiti sempre più di rado e nell’ultimo anno solo con qualche messaggio. Ero andato a fare un allenamento il giorno della sua morte, mi chiamò un mio amico, mi disse quello che era successo. Poi iniziarono ad arrivarmi decine di chiamate e capii che era vero”.
Sugli anni alle pendici del Vesuvio. “Per noi andare al bar a Napoli a prendere un gelato con i nostri figli era possibile. Diego ci diceva che per lui non era così. Diceva che noi eravamo fortunati. Non poteva uscire, anche per questo usciva soltanto ed esclusivamente la notte. Il suo mondo era invivibile. Io gli sono stato molto affianco. Ricordo una volta una trasferta a Torino, uscimmo un pomeriggio perché doveva comprare una musicassetta, dopo cinque minuti si creò il caos e fummo costretti a tornare in albergo”.
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