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Documentario Lady Diana, il regista: “Complotto? La mia idea è una. La frase di Harry fa pensare”

Documentario Lady Diana, il regista: “Complotto? La mia idea è una. La frase di Harry fa pensare”. Documentario Lady Diana, il regista Ed Perkins rivela alcuni retroscena sull’indimenticabile principessa del Galles scomparsa nel 1997, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

«Non è un documentario storico ma qualcosa di contemporaneo specie in questo anno di celebrazioni per Elisabetta II. Perché la morte di Diana ha tracciato una linea nella relazione tra la gente e la monarchia. Questo film è su Diana, ma attraverso Diana è sulla nostra percezione della Corona, e dunque sul dibattito sotto traccia che corre nella società britannica di oggi».

[…] Il documentario accende i riflettori su Diana ma è come se tenesse un faro sulla monarchia?
«Esatto, è stato pensato in modo che permettesse di “girare la camera su di noi”, sulla nostra relazione con la monarchia, con la nostra storia, anche con le celebrity. Non abbiamo ancora fatto i conti con tutto ciò. Ci sono stati eventi accaduti nella Royal family negli ultimi anni in cui si coglieva l’eco della storia di Diana».

Sta pensando a Harry e Meghan?
«Sì, ci sono paralleli con cosa accadde con Diana (e i media) che si riflettono nell’oggi. E quel che ha detto Harry dopo essersi trasferito oltreoceano credo faccia pensare: ha temuto che quanto accadde alla madre avrebbe potuto succedere alla moglie, alla sua famiglia».

E cosa avrebbe pensato Diana, o che ruolo avrebbe avuto Diana, nella Londra di questo Giubileo?
«Non credo nessuno sia mai riuscito a capire quale ruolo nella sua vita avrebbe interpretato con una serie di se, se…una cosa interessante che ho notato è piuttosto che normalmente dopo due anni che lavori su questo tipo di documentario alla fine dopo aver studiato tanto materiale d’archivio dopo aver parlato con molte persone che hanno avuto a che fare con la persona, finisci per conoscerla benissimo la tua protagonista. Invece con Diana ho la sensazione di non aver capito ancora adesso Diana, la persona interiore. Resta qualcosa di enigmatico in lei. Di più, forse è stata e continua ad essere una tela bianca sulla quale noi proiettiamo le nostre paure. Ma è anche uno specchio che riflette la nostra immagine, il nostro essere. Solo una relazione così profonda spiega la reazione davvero senza precedenti di quella settimana dopo la sua morte».

Documentario Lady Diana, il regista: “Complotto? La mia idea è una”

[…] Chi è Diana, allora?
«Diana è come una diva del cinema muto. Come Greta Garbo, con il suo body language è capace di proiettare una storia, con il capo inclinato, un sorriso… ha questa straordinaria abilità di farci capire i suoi sentimenti. E il film cerca di catturare quel body language, insomma di catturare i sottotitoli dei suoi gesti».

Gli Spencer, i Windsor: sono stati coinvolti nel suo progetto?
«Sanno del progetto ma non sono stati coinvolti. E sono consapevole che per molti la storia di Diana è una storia pubblica, ma per William e Harry questa è una storia sulla loro madre e capisco le sensibilità coinvolta. E non è una responsabilità che ho preso a cuor leggero. Dunque ho raccontato la storia in modo che sia percepita da loro come giusta ed equilibrata. E’ una storia complessa e difficile. E spero che davvero William e Harry lo capiscano».

[…] Incidente o complotto?
«La mia idea è che si sia trattato di un tragico incidente. Sono giunto alla conclusione che lei sia stata molto normale in molti modi, e altrettanto straordinaria. Ordinaria: più scavi e più vedi che è fallibile, fa errori, è vulnerabile come non abbiamo visto spesso gente pubblica. E al tempo stesso è stata straordinaria per il modo in cui interagiva con la gente, come metteva a suo agio le persone. Aveva una straordinaria intelligenza emotiva. I suoi piccoli gesti erano capaci di cambiare la vita della gente. E i grandi gesti erano in grado di lasciare il segno, come la sua campagna contro le mine antiuomo, per i malati di Hiv. E la gente aveva la sensazione di avere una connection con lei. Si sentiva collegata o responsabile per quanto era accaduto. E questo spiega anche perché la nostra relazione con la storia sia stata così complicata».

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