Lina Sastri: “Mio fatello morto un dramma che non ho accettato. Ho sentiti un bisogno”. Lina Sastri sul fatello morto e non solo, la straordinaria attrice e cantante napoletana racconta il dramma vissuto per il lutto familiare in una intervista a ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Prima l’aneurisma, poi il cancro, infine il Covid: un patimento difficile da accettare, da affrontare. Il grande dolore per la morte del fratello in scena
“Io gli sono stata vicina e ho scritto alcune cose che si sono accumulate. Quando è morto, ho pensato a una breve sceneggiatura per un cortometraggio che volevo fare su di lui e che farò su di lui, ‘La mancanza’ appunto”.
Il teatro è un modo per esorcizzare questo dolore?
“Non lo so. Molti dei miei spettacoli nascono da me, tranne ovviamente le citazioni teatrali. Lo scritto ‘La casa di Ninetta’ – un omaggio affettuoso a mia madre, morta di Alzheimer – nacque da una necessità, non da una decisione. Non ho deciso di esorcizzare il dolore, ho sentito il bisogno di scrivere. ‘La casa di Ninetta’ è poi diventato un monologo e forse diventerà un film. Stesso discorso per ‘La mancanza’: come un dialogo con la persona che non c’è più, tutto è nato da una necessità”.
Recentemente ha sottolineato di non aver accettato la morte di suo fratello…
“Non l’ho ancora accettata. Il tempo aiuta, indubbiamente. Il tempo ti fa abituare a quella mancanza. Ma anche adesso, che mi trovo a Napoli, ci sono delle cose che mi ricordano Carmine. Lui era una persona talmente particolare… Bello, vivace, un Peter Pan che ha sempre vissuto la vita in maniera meravigliosa. È stato fermato dalla malattia, prima dall’aneurisma e poi dal cancro, e ha dovuto ricrearsi un’altra vita, a modo suo. Era una persona speciale, particolare: faccio fatica a pensare che non ci sia più”.
Lina Sastri: “Mio fatello morto un dramma che non ho accettato”
Lei aveva definito suo fratello un pirata…
“Gli piaceva fare le sue escursioni, gli piaceva rischiare. Anche se poi non coltivava le cose che creava”.
Il Covid ha anche tolto la vicinanza ai cari…
“Se una persona cara muore di Covid all’ospedale, non la vedi più. Non puoi fare nemmeno il funerale. La morte diventa una frattura improvvisa e atroce”.
Quanto l’ha aiutata la fede?
“La fede aiuta sempre nei momenti difficili. Se hai la fortuna di credere che Dio esiste, questo ti aiuta a lenire il dolore. Ti dà forza, ti dà conforto. Forse la necessità di credere nasce da questo. Non lo sapremo mai. Ma ho la fortuna di avere una fede che mi aiuta, fino a un certo punto”.
Lei ha lavorato con grandi artisti, ma non ha mai rinunciato alla sua libertà. Quanto è stato complicato?
“Io sono una persona libera. È stato molto difficile essere un’artista libera, perché la libertà te la fanno pagare. Se non sei un certo tipo di attrice, se non sei napoletana e basta, se non sei cantante… non va bene. E paghi la libertà con l’isolamento. L’unico che non ti fa pagare niente è il pubblico, che non si chiede chi sei ma si chiede cosa gli dai. E se gli piaci, ti ama”.
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