Sergio Castellitto: “Brigate rosse seducenti, l’arte mi ha salvato. Politici attuali hanno creato disincanto”. Sergio Castellitto sulle Brigate rosse e non solo, l’attore romano, 68 anni, parla della sua gioventù negli anni di piombo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi
Ventenne negli anni Settanta, di sinistra: come ha vissuto la stagione delle Br?
«L’arte mi ha salvato. Erano gli anni in cui nasceva la passione per il teatro, quella è stata la mia piccola rivoluzione rispetto al sentimento tipico della gioventù – il desiderio di rompere con una regola, con un destino già prefissato per te: io ho erotizzato tutto lì, nella recitazione. Erano gli anni dell’accademia, della passione, ho letto Shakespeare e Cechov, non leggevo i bollettini delle Br».
Per molti era un’idea seducente…
«Purtroppo sì. Era seducente qualsiasi idea rompesse con un’azione che appariva ferma, immobile, pietrificata nello sviluppo del futuro. In qualche misura è naturale che sia così, che lo spirito giovanile vada verso la contrapposizione, verso la rottura; è addirittura legittimo, ma arriva un momento in cui si capisce dove sta la verità, anche se la verità è un concetto labile, come il potere. Il potere è sempre altrove, diceva Sciascia».
Ieri la società era immersa nella contrapposizione politica, oggi prevale il disincanto…
«La classe politica italiana ha lavorato bene per costruire il disincanto della maggior parte dei cittadini, la personificazione più evidente di questo stato d’animo è nella disaffezione al voto; quando la metà della popolazione non va a votare dobbiamo farci delle domande. Il Parlamento mi sembra fuori fuoco rispetto a quanto sia decisiva la voce della televisione. La tv è la nuova Chiesa, è lì che ormai crediamo si dica la verità. L’altra Chiesa sono i social, un mostro che si fonda su una sostanziale stupidità: la pretesa di pensare che esistiamo e ci sentiamo rappresentatati solo per il fatto di possedere un profilo virtuale».
Sergio Castellitto: “Brigate rosse? L’arte mi ha salvato:
[…] Nella sua carriera prevale il cinema di impegno, il dramma più della commedia. È una sua scelta?
«Spesso hanno scelto gli altri per me, il problema è che in Italia ci sono molti film comici e poche commedie. Io penso che un attore dovrebbe scrivere sempre accanto al curriculum delle cose fatte anche il curriculum delle cose che non ha voluto fare – che per rispetto non dico. Recitare significa anche esprimere la tua opinione, ogni film fatto rappresenta una scelta precisa».
Lei è un attore di successo, sua moglie Margaret Mazzantini una scrittrice di primo piano, suo figlio Pietro una giovane promessa o realtà che dir si voglia. Come funziona la distribuzione dell’ego in casa…
«Il nostro di genitori è sotto le scarpe perché esiste solo l’ego dei figli. La nostra quotidianità è lontana dall’immagine che una famiglia – diciamo con pudore – di artisti può lasciar pensare. L’impresa eccezionale è essere normali… e ai nostri figli abbiamo dato sostanzialmente una cosa: la libertà intesa come impegno, una libertà che ti devi guadagnare ogni giorno, non come pretesa o diritto di per sé».
Avete 4 figli, due maschi e due femmine, che di secondo nome si chiamano Contento/a: un’aspirazione, un invito, un errore da giovani innamorati?
«È un augurio. La felicità confina spesso con la paura di perderla, con una certa isteria dell’animo, mentre la contentezza sembra a me e Margaret uno stato più rasserenante dell’esistenza. E poi è bello che abbiano un nome che li accomuna come fratelli e sorelle».
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