Alessandra Ferri si racconta: “Ho fatto follie per amore. Divorzio un grande dolore, così mi sono salvata”. Alessandra Ferri si racconta, una delle ballerine italiane più famosa al mondo ripercorre le tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Quante scarpette da danza ha consumato in 40 anni di «carriera»?
«Penso due paia al giorno per le prove e due paia per ogni spettacolo».
Alessandra Ferri si racconta: “Ritorno in scena? Ero terrorizzata”
[…] Da quando è tornata a ballare nel 2013, i maggiori coreografi hanno voluto creare da zero ruoli per lei, realizzando un repertorio adatto a una cinquantenne che prima non era mai esistito. Com’è stato possibile?
«Non avevo immaginato un secondo capitolo, invece Wayne McGregor ha creato per me il ruolo di Virginia Woolf in Woolf Work e poi Afterite, che porterò a giugno alla Scala; John Neumeier ha creato Duse; Martha Clarke ha creato Chéri… tutti ruoli che mi rendono felice perché sono convinta che, anche invecchiando, siamo comunque esseri splendenti. Amo questa parte della mia vita artistica e di donna perché mette l’accento non sulla prestazione, che non può essere più quella dei vent’anni, ma su introspezione e conoscenza di sé. Se volessi rifare Manon, Giulietta, Carmen, sarebbe una debolezza».
Le faceva paura il ritorno in scena?
«Ero terrorizzata: se sei ferma da sei anni, il corpo non torna uguale con uno schiocco di dita. C’è una vocina dentro che dice: sei pazza, non ce la farai. L’altra vocina dice: stai zitta e fallo. In questo, la danza è uno specchio interiore: impari a distinguere la vocina della paura dalla voce del sé che dice “questa cosa va fatta, punto”. C’è la voce del corpo fisico, che è piccolo, e poi c’è la voce dell’anima, che è immensa».
Mi descrive in un’immagine la fatica della ballerina?
«Intanto, deve immaginare che noi abbiamo dolori sempre. Quando le figlie erano bambine, arrivavo a casa dopo cinque ore di prove, distrutta, e passavo il pomeriggio sdraiata».
Alessandra Ferri si racconta: “Divorzio? Fu un grande dolore”
E oggi che ha vent’anni di più?
«È più faticoso, ci sono più dolori. Da ragazza, fai colazione e via, pam! Salti. Adesso, mi servono due ore di preparazione: ho un problema alla caviglia non risolvibile e devo riscaldarla. Il mio partner sbagliò un movimento, me la ruppi e non ho più dei legamenti e della cartilagine».
E come fa a danzare?
«Mi fa male. Ma se impari a conoscere il dolore fisico, puoi superarlo».
Com’era Alessandra Ferri da bambina?
«Già a tre anni vivevo delle storie dentro di me e sentivo un’altra realtà che mi chiamava. E anche se i miei non frequentavano i teatri, dissi: voglio andare a scuola di danza. Mi hanno iscritta e per me fu subito chiaro che era la mia vita: non è che mi piaceva il tutù, non era una cosa trallallero trallalà, mi piaceva proprio lo studio, capivo che era la mia chiave per aprire la porta della libertà interiore».
Viene dalla borghesia milanese, papà ingegnere, mamma casalinga: quanto l’hanno sostenuta?
«Passeggiavo con mamma a Milano quando vidi il bando per la scuola della Scala. Nel frattempo, ci eravamo trasferiti a Monza, ma io dissi: voglio studiare lì. Ricordo la riunione familiare, attorno al tavolo della cucina. Mamma era stata maestra e aveva dovuto rinunciare al lavoro, ma teneva all’indipendenza femminile e convinse papà a farmi fare le medie alla Scala».
[…] Prima figlia nel 1997: quanto ci pensò prima di mettere in pausa la danza?
«Per nulla, fu una decisione d’amore, mi sono detta: sono una donna che balla e le due cose devono convivere. Sapevo che, se avessi sacrificato la danza, avrei odiato la famiglia e, se avessi sacrificato la maternità, avrei odiato la danza. Quando Emma e Matilde erano piccole, viaggiavano con me, le ho portate ovunque. Quindi, mi sono fermata, ho fatto la mamma e la moglie e, quando sono tornata a ballare, uscivamo da un periodo difficile, dalla mia separazione: riprendere a danzare è stato importante per me e per le figlie, perché hanno visto quanto conta avere indipendenza emotiva».
Alessandra Ferri si racconta: “Ho fatto follie per amore”
Il divorzio dal suo secondo marito, il fotografo Fabrizio Ferri, fu così doloroso?
«È stato uno di quei momenti in cui la danza mi ha salvata. Era stata una storia d’amore bellissima, il divorzio è arrivato inaspettato».
Vi incontraste a Pantelleria a casa di Isabella Rossellini e lì nacque il libro fotografico «Aria» che suscitò stupore per i nudi.
«Fu l’incontro di due artisti che poi si sono amati moltissimo, che hanno voluto parlarsi e conoscersi attraverso la propria arte. Nacque prima l’idea del libro e, mentre lo realizzavamo, l’amore».
Finiste in cronaca rosa anche per la separazione che ne conseguì dal suo primo marito. Scrissero che lui la chiuse a chiave fuori casa o che prese a sassate il loft di Fabrizio. Era vero?
«Diciamo che, fu un tale colpo di fulmine che lui non la prese bene. Lo capisco. Tutte le storie, finendo, hanno momenti difficili, melodrammatici. Si fanno follie per amore e per dolore».
Lei che follie ha fatto?
«Viaggi per vedere Fabrizio per poche ore».
Ora, è innamorata?
«Della vita, quello sì. Mi eccito quando posso dire: wow, la vita continua. Quattro anni fa, ho deciso di lasciare New York e, in un mese, ero a Londra: ci sto bene, sono più vicina alle figlie, che vivono a Milano. Matilde ha 24 anni e si occupa di moda e pubblicità, Emma ne ha 20 e studia Scienze Enogastronomiche»
Tornerà a vivere in Italia?
«Prima o poi, credo di sì. Gli affetti sono qui» (foto Alessandra Ferri Instagram).
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